Psicosi
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Baptiste
Buon consigliere
Baptiste
Ultima attività il 01/10/24 alle 09:36
Iscritto nel 2016
5.442 commenti pubblicati | 261 nel gruppo Convivere con i disturbi psichici o mentali. Depressione e fobie
15 delle sue risposte sono state utili ai membri
Ricompense
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Buon consigliere
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Amico
Grazie mille per la tua testimonianza
Qualcuno vuole condividere la sua esperienza con @Gioele ?
Grazie in anticipo a tutti.
Buona giornata.
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Marionfossil
Buon consigliere
Marionfossil
Ultima attività il 15/11/24 alle 16:46
Iscritto nel 2017
17 commenti pubblicati | 13 nel gruppo Convivere con i disturbi psichici o mentali. Depressione e fobie
Ricompense
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Buon consigliere
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Esploratore
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Amico
Si è vero i farmaci tendono un pò a svilire la nostra personalità, almeno per quanto riguarda la mia esperienza, prenderli significava essere un pò più spenti del solito, e se già di tuo non hai voglia di vivere, e poi prendi anche il farmaco allo stai a zero, è come buttarsi la zappa sui piedi. Dentro di noi abbiamo tutto quello di cui necessitiamo per stare bene, ho letto che avevi interessi come scrivere disegnare, e i farmaci ti hanno levato anche questo, credi sia giusto? i farmaci non dovrebbero sostituirsi alla nostra personalità, a me per fortuna stordivano e basta, ma credo che dipenda anche dal tipo di farmaco.
Per quanto riguarda fare pensieri negativi di morte, di amputazioni ecc. credo sia una cosa fortemente correlata dalla solitudine, se la nostra mente sta male, ecco che cerca di far morire anche il corpo con il solo pensiero, infatti hai provato anche a toglierti la vita, per un malessere che proveniva dal cervello, diciamo che la mente si tira dietro anche il corpo nel momento in cui soffre.
Poi la ragazza francese che hai conosciuto, deve proprio essere stata parecchio importante per me, e ti sei costruito un mondo, dove fantasticavi su di lei, dove magari ti amava, e cosa c'è di male? sai cosa ha fatto l'autore del piccolo principe, quando non è stato ricambiato il suo amore? ha preso la storia finita male e ne ha fatto un libro, se ti posso dare un consiglio, prova a fare un diario, scrivi e parla con lei, se vuoi rivolgiti direttamente a lei per nome, oppure a una francese a caso senza un nome, scrivere o disegnare è una cosa che fa parte di te, quindi coltiva queste cose, se non vuoi scrivere allora fai un disegno su di lei, vivila questa esperienza purtroppo finita male, non combattere contro di essa, accetta il disagio che viene a trovarti ogni giorno, e la ferita si rimarginerà, se invece tu combatti contro questo dolore, e lo mandi via, la ferita si aprirà ancora di più, e tornerà a sanguinare. Certe persone caro amico, non entrano direttamente a far parte della nostra vita ma ci lasciano un messaggio, prova a pensare cosa la tua amica francese ha voluto lasciarti, e percepisci questo distacco non come un handicap ma un'opportunità per rivalutare te stesso.
Ho visto che hai fede in qualcosa, ora non so se è il Dio cristiano o un altro, ad ogni modo, corregimi se sbaglio ho notato come un contrasto, tra te che ti consideri come una cattiva persona un peccatore, e poi il Dio che ti guarda dall'alto al quale devi chiedere scusa per il tuo comportamento.
Io penso che una potenza così grande, non ha bisogno della nostra costrizione, della nostra umilizaione davanti a lui, ma anzi vuole vederci realizzati e sereni, quindi non considerare Dio come una sorta di vecchio tra le nuvole pronto a dirti " fai schifo" anzi consideralo come una compagnia al quale puoi rivelare tutto, e che apprezza anche i tuoi lati negativi.
Vivere il rapporto con dio e con te in maniera meno conflittuale penso possa aiutarti a stare meglio.
Un saluto a te Gioele e buon cammino :)
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Mario
Ex membro
Ciao grazie di aver commentato.. quando ho ricominciato a prendere farmaci ho fatto in tempo a scrivere un piccolo romanzo sulla ragazza francese che ho distribuito agli amici e l'ho anche disegnata in copertina... Il mio nuovo psichiatra capisce che il Risperdal mi uccide la creatività, ma mi consiglia di tenerlo ancora per un po' spero tra qualche mese di aver risolto questa situazione. Grazie ancora per l'incoraggiamento. Un saluto affettuoso!
Gioele
Ex membro
Ciao,
anche io ho avuto difficoltà ad adattarmi ai farmaci, perché per un lungo periodo ho avuto l'impressione che avessero eliminato la mia empatia, le mie emozioni, la mia creatività.
Hai mai provato a combinare terapia farmacologica e psicoterapia? A me ha aiutato molto, perché da un lato i farmaci aiutano a stabilizzare il mio umore e dall'altro posso imparare a gestire e affrontare al meglio il mio problema con la psicoterapia (in particolare la terapia cognitivo-comportamentale); è un percorso lento e difficile, ma vedere i risultati è una grande soddisfazione.
Spero tu possa star meglio presto :)
Ex membro
Ciao Gioele! Ho letto la tua testimonianza e nonostante tu abbia raccontato delle vicende difficili da spiegare sei stato chiarissimo e molto coraggioso nel condividere tutto questo.
La mia esperienza è molto diversa dalla tua, tuttavia devo anch'io assumere tutti giorni psicofarmaci. Nel mio caso però ammetto che i farmaci che assumo non sono tanto forti da modificare la mia personalità. Tuttavia sono anch'io insofferente all'idea di doverli prendere per tutta la vita. Se lo psichiatra ti ha detto di proseguire ancora con questo farmaco segui il suo consiglio però magari ricordagli quando lo vedi che vorresti provare a cambiarlo. Forse un'altro psicofarmaco può darti minore disturbo. Cerca naturalmente di mantenere e sviluppare le tue doti artistiche, perchè questo è molto importante come valvola di sfogo.
Credo che @Aleu__abbia perfettamente ragione nel consigliarti un percorso psicoterapeutico unito all'assunzione di farmaci.
Volevo poi chiederti: hai parenti stretti? Genitori, zii? Fumi e bevi ancora o hai smesso? Ovviamente rispondimi solo se ne hai voglia. Intanto, coraggio!!
Ex membro
Ciao grazie della risposta! Ho iniziato la psicoterapia e mi trovo bene. Dato che ora si parla di diagnosi bipolare vorrei proporre al mio psichiatra di passare al litio invece di prendere il neurolettico. Vediamo... Fumo abbastanza, ma bevo solo saltuariamente!
Ex membro
Si ho i genitori, ma stanno un po' lontano, Firenze e la Spezia. Io sto a Roma
Ex membro
Ah bè hai le idee chiare mi pare! Ti ho chiesto del bere perchè per esperienza personale ho imparato che mescolare alcol e psicofarmaci è sbagliatissimo.
Segui il tuo istinto allora e auguri per la psicoterapia!
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Ex membro
vi racconto la mia esperienza, spero che abbiate la pazienza di leggere e di commentare:
Negli anni dell'università sognavo sempre di avere un'altra donna. Non che non mi andasse bene quella che avevo, ma mi sentivo meno uomo per non aver avuto altre esperienze. Sapevo che prima o poi mi sarebbe successo di innamorarmi di un'altra. E infatti è successo nel 2012 e lei la conosceva. Mi innamorati segretamente di questa francese a un master che avevo deciso di fare con la mia ragazza di allora. Scelsi di rivelare i miei sentimenti solo l'ultimo giorno per mezzo di una lettera che consegnai a questa donna prima che partisse. In quel periodo bevevo spesso in modo esagerato e poi fumavo marijuana per aumentare l'effetto dell'alcool. Quella donna mi scrisse che non provava niente per me, ma io non accettai mai la verità e restavo convinto dentro di me che lei mi amava, ma per molti motivi psicologici non riusciva ad ammettere a sé stessa questo fatto. Successivamente, dopo che la mia ragazza se ne fu andata, vissi per un periodo di sei mesi da solo in una grande casa della riviera ligure. C'era qualcosa che non andava. Semplicemente la mia vita era ferma al palo. I miei colleghi erano andati avanti. Dopo il master avevano trovato un lavoro oppure lo stavano cercando, mentre io ero completamente assorbito dalla mia storia immaginaria con quella ragazza di cui mi ero innamorato. Un giorno ero da solo in casa ed ebbi un attacco di panico. Era come se stessi per morire. Avevo già capito che questo mi succedeva a causa del mio isolamento. Uscii subito in strada per cercare qualcuno con cui parlare e mi passò. Un'altra volta, sempre da solo cominciai a sentire la testa che mi girava, forse persi i sensi e poi chiamai un'ambulanza, ma non notarono nulla di strano e mi fecero tornare a casa. Il vero e proprio episodio psicotico lo ebbi sei mesi più tardi. Ero ancora una volta da solo e all'improvviso sentii chiaramente che sarei morto tra poco. Mi prese una grande angoscia. Mi aggiravo per la mia stanza osservando tutte le mie cose e non volevo assolutamente morire. Cominciai a scrivere le mie ultime volontà, poi pensai che non sarei morto, ma che mi avrebbero amputato braccia e gambe, che ero gravemente malato. Pensieri angoscianti si succedevano rapidamente. Ero posseduto da un demonio, avevo commesso un grave peccato e una grave offesa contro Dio e l'unico modo per uscire da quel vicolo cieco era togliermi la vita. Non riuscivo a pensare ad altro che a questo: “voglio ammazzarmi”, tiravo delle testate sul pavimento, poi andai in bagno e presi tutti i farmaci che trovai e mi sdraiai sul divano aspettando la morte, ma la morte non arrivava. Decisi di chiamare un ambulanza. Questa volta chiamarono una psichiatra che mi propose di farmi ricoverare dato che avevo tentato il suicidio. Stranamente appena entrai in ospedale tutta l'angoscia era svanita, mi sentivo tranquillo e infondo capivo che quello che stavo provando era solo il risultato di pensieri assurdi che avevo sul mio conto. Iniziarono a darmi questa pillola, senza neanche dirmi come si chiamava. Nel giro di pochi giorni ero diventato apatico, privo di interessi, tutto il mio mondo fantastico era sparito e al posto di questo c'era una realtà che non era più la mia, non era una realtà condivisa. Dentro di me c'era il vuoto. Non ero più in grado di disegnare o di scrivere, cose che mi erano sempre piaciute moltissimo ed erano un modo che avevo per esplorare la mia interiorità, cosa che ho sempre trovato divertente. Dimesso dall'ospedale cominciò l'inferno. Non avevo niente da fare. Non facevo più l'università, non avevo un lavoro ed ero circondato di persone che mi ritenevano malato. Le giornate non finivano mai. Stavo sul letto e passavo il tempo a fumare e a leggere informazioni su internet sulla psicosi. Non c'era nessuno con cui mi interessasse stare e un tratto della mia personalità si era accentuato: l'insofferenza. Non riuscivo a stare per più di mezz'ora con qualcuno senza provare un forte disagio, ma anche quando ero solo non andava meglio. Nessuno mi ha spiegato che cosa mi abbia portato a manifestare uno scompenso psicotico. Era solo un problema chimico, non aveva niente a che fare con la mia anima o con il mio vissuto. Dopo qualche tempo sono andato a fare volontariato in campagna e anche se non provavo nessun piacere ero impegnato per almeno metà della giornata, l'altra metà la impegnavo a fissare il soffitto ad ascoltare musica cristiana. Poi mi sono iscritto di nuovo all'università, questa volta a Roma. Ho continuato a prendere il farmaco per un anno, poi ho deciso di diminuirlo e infine di sospenderlo, senza dire niente al mio psichiatra, le cose sono andate avanti senza cambiamenti fino al giorno in cui ho iniziato a sentirmi di nuovo strano, avevo problemi a dormire e la mia mente era confusa. Ricordo semplicemente che ero triste e angosciato, ma non ricordo il motivo, sentivo una forte spinta ad uscire e a parlare con le persone ed è quello che ho feci, ma c'era una componente ossessiva in tutto questo, sentivo che mi sarebbe successo qualcosa di brutto se non l'avessi fatto. Mi sentivo l'anima in pezzi. Nonostante ciò ho deciso di partire comunque per Israele dove avevo programmato una vacanza studio-lavoro in un kibbutz. In Israele non mi trovavo bene, i supervisori mi avevano preso in antipatia perché ero svogliato sul lavoro e non avevo relazioni significative con nessun altro volontario. Cercai di mettermi a lavorare di buona lena, ma la loro opinione sul mio conto non cambiava. Una notte non riuscii a dormire fino alla mattina e dimenticai di andare a lavoro. I direttori del kibbutz si dimostrarono subito molto aggressivi nei miei confronti, volevano un incontro per chiarire i miei obblighi e doveri nei confronti dell'amministrazione, in quell'occasione reagii in maniera violenta urlando che dovevano lasciarmi in pace e che poteva succedere di non presentarsi a lavoro. Decisi di andarmene, ma ero molto confuso e non sapevo cosa fare e dove andare, per cui tornai lì. Una notte mi prese un attacco di follia e mentre tutti dormivano me ne andai in giro a fare danni alla struttura. Ruppi delle vetrate, sfasciai una porta e ruppi una macchina agricola. Il giorno dopo chiamarono la polizia, ma dopo qualche ora mi rilasciarono, passai ancora una giornata sulla spiaggia prima di decidere di tornare al kibbutz completamente nudo. Arrivato lì mi misi a gridare contro tutti che erano dei demoni maledetti e che io portavo la croce di Cristo nella carne. Questa volta la polizia non mi rilasciò. Ora, tornato a Roma ho ripreso a prendere il farmaco (Risperdal 2mg), ma la mia vita è vuota. E' vero che ho avuto un'esperienza strana, probabilmente sarei stato da TSO, ma ho vissuto anche momenti intensi, carichi di passione e nel periodo in cui non ho preso i farmaci ho scritto e disegnato molto. Ora non so più cosa fare, sono tornato a fissare il soffitto per ore e il tempo non mi passa mai. A volte penso che la mia malattia sia una sorte migliore per me rispetto a prendere il farmaco. Sono tra l'incudine e il martello, per quanto tempo dovrò prendere questo farmaco? La mia fantasia, perfino le mie idee strane su me stesso e su Dio sono parte di me, sono il mio mondo interiore, non posso convivere con un farmaco che mi depriva della mia identità. Voi cosa ne pensate?