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Pazienti Tumore della prostata
Tumore alla prostata, quando chiedere una consulenza genetica
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Baptiste
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Baptiste
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Baptiste
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Cari membri @bettino @casale @Bruno Ferina @Giampiero57 @simon722 come state oggi? Non so se avete visto ma abbiamo scritto un articolo sul movimento Movember e la salute dell'uomo che potrebbe interessarvi:
Grazie mille in anticipo per le vostre esperienze
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Se potreste liberarvi di uno dei vostri sintomi del tumore della prostata, quale sarebbe e perché?
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Brunina
@Plastada anche a me è comparsa una recidiva dopo 12 mesi di mantenimento con Parp inibitore, si tratta di un linfonodo sulla doccia colico-peritoniale. Sono in cura al Policlinico Gemelli ed il Prof Scambia ha deciso di intervenire chirurgicamente a breve. Spero vada tutto bene, a me ed a tutte voi ! ☘️🤞☘️🤞☘️
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nicoletta.menzella-1963
@angelo59 purtroppo il mio caso è in peggioramento, sebbene la cura con Gemcitabina ha fatto scendere il marcatore, alcuni linfonodi sono risultati resistenti alla cura e la loro dimensione non è ridotta. Poi oltre alla PET ho fatto una TAC e all'encefalo sono risultati delle lesioni che adesso cerchiamo di combattere con radioterapia. Subito dopo ci co consulteremo con il Gemelli per stabilire la terapia x i linfonodi resistenti e che Dio me la mandi buona
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@Plastada anche a me è comparsa una recidiva dopo 12 mesi di mantenimento con Parp inibitore, si tratta di un linfonodo sulla doccia colico-peritoniale. Sono in cura al Policlinico Gemelli ed il Prof Scambia ha deciso di intervenire chirurgicamente a breve. Spero vada tutto bene, a me ed a tutte voi ! ☘️🤞☘️🤞☘️
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nicoletta.menzella-1963
@angelo59 purtroppo il mio caso è in peggioramento, sebbene la cura con Gemcitabina ha fatto scendere il marcatore, alcuni linfonodi sono risultati resistenti alla cura e la loro dimensione non è ridotta. Poi oltre alla PET ho fatto una TAC e all'encefalo sono risultati delle lesioni che adesso cerchiamo di combattere con radioterapia. Subito dopo ci co consulteremo con il Gemelli per stabilire la terapia x i linfonodi resistenti e che Dio me la mandi buona
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Circa il 10-15 per cento dei casi è ereditario, ma ad oggi non esistono linee guida definite per offrire agli uomini il test che valuta le loro probabilità di ammalarsi
Negli ultimi anni le innovazioni nel campo della genetica oncologica hanno rivoluzionato il modo di trattare il cancro alla prostata, permettendo anche d’individuare geni che possano predisporre a sviluppare questo tumore. Ad oggi non esistono comunque linee guida ben definite per guidare i medici nell’offrire agli uomini il test genetico che valuta il loro rischio di ammalarsi. Recentemente, però, un panel internazionale di oltre 70 esperti riunitosi al Sidney Kimmel Cancer Center della Thomas Jefferson University, negli Stati Uniti, ha pubblicato sul Journal of Clinical Oncology una serie di raccomandazioni utili a stabilire a chi e quando proporre il test e la consulenza genetica per la presenza di un rischio familiare di carcinoma prostatico.
Ereditario il 10-15% dei casi di cancro alla prostata
«Ci sono crescenti evidenze scientifiche che alcuni tumori alla prostata possono essere ereditati - sottolinea Veda N. Giri, direttore della Genetica Oncologica al Dipartimento di Oncologia del Sidney Kimmel Cancer Center e autrice principale della pubblicazione -. La ricerca ha dimostrato che circa il 10-15 per cento dei casi di cancro alla prostata sono ereditari, conosciamo almeno alcuni dei geni responsabili della trasmissione familiare e possiamo eseguire degli esami per scoprire quali uomini hanno maggiori probabilità di ammalarsi. Il nostro scopo era quello di bilanciare i pro e i contro del proporre un test a soggetti sani, stabilire priorità e cautele da rispettare e fornire ai medici un documento chiaro che li aiutasse a proporre alle persone questa opportunità. Senza creare inutili allarmismi, ma perché potessero venire correttamente informate e potessero prendere una decisione consapevole».
Test per alcuni tumori «familiari» già disponibili
Gli scienziati stanno cercando d’individuare i geni-chiave responsabili dell’oncogenesi (i processi che portano alla formazione di una neoplasia) attraverso lo studio sistematico delle alterazioni che riguardano ampie porzioni del Dna (migliaia-milioni di basi del codice genetico). «Esistono diversi test del sangue, che vanno alla ricerca di differenti mutazioni genetiche, messi a punto da svariate aziende - spiega Antonio Russo, Ordinario di Oncologia Medica all’Università di Palermo e direttore al Policlinico Giaccone -, ma bisogna distinguere con attenzione fra quanto è già concretamente utile oggi e quanto è solo “marketing”. Nella prima categoria rientrano i test genetici per l’identificazione del rischio oncologico in pazienti con storia personale o familiare di tumori correlati alla mammella, ovaio, colon, stomaco e melanoma cutaneo che vengono inviati al percorso di counselling oncogenetico, erogati attraverso il Servizio sanitario nazionale. Bisogna però sempre ricordare che meno del 2% degli individui è portatore di mutazioni con sindromi ereditarie a rischio di sviluppare tumori. La maggior parte delle persone che hanno un familiare stretto (genitore, fratello o sorella, ma anche nonni o zii) che hanno avuto un tumore non corre pericoli superiori al resto della popolazione».
Consigli pratici per verificare chi è a rischio
In base al nuovo documento, quando un uomo dovrebbe insospettirsi e chiedere una consulenza genetica? «Gli esperti americani hanno messo in evidenza che probabilmente esistono alcuni gruppi di persone che sono a maggiore rischio di ereditare mutazioni genetiche in grado di aumentare il rischio di tumore prostatico - risponde Russo, che è anche membro del consiglio direttivo dell’Aiom (Associazione Italiana di Oncologia Medica -. Tra questi, gli uomini che hanno un parente di primo grado (padre e fratelli) con la malattia (soprattutto se con un’età inferiore ai 55 anni), quelli con un familiare di primo grado deceduto per questa neoplasia prima dei 60 anni oppure gli uomini che hanno familiari con un tumore ereditario della mammella e/o dell'ovaio (per via dei geni BRCA), con sindrome di Lynch (polipi del colon) o con una neoplasia prostatica diagnosticata già come ereditaria. I principali geni coinvolti nel determinare il rischio genetico per carcinoma prostatico sono HOXB13 e BRCA1 e 2, mentre emergerebbe un ruolo marginale per i geni ATM ed NBN. Il primo passo da compiere è comunque chiedere a un centro esperto una consulenza oncogenetica, durante la quale verrà verificato se il paziente possiede i criteri necessari per essere sottoposto al test genetico. In caso positivo, la valutazione del rischio di neoplasia a trasmissione eredo-familiare viene fatta mediante un prelievo ematico».
Fonte: Corriere.it - Vera Martinella