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Diabete, terapie sempre più su misura. Fondamentali i vaccini, bocciate le sulfaniluree
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Io non ho mai fatto vaccini antinfluenzali e credo mai li faro' .faccio cure preventive nei cambi di stagioni e innalzamento delle forze immunitarie ma ai vaccini di per se sono contrario e il mio medico curante e' del mio stesso avviso .
Baptiste
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Baptiste
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Grazie @Juvesteel79 del tuo contributo
Qualcuno vuole anche condividere la sua esperienza con noi? Cosa ne pensate dei vaccini?
Grazie in anticipo. Un saluto a tutta la comunità.
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Baptiste
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Le vaccinazioni entrano a pieno titolo anche nelle raccomandazioni degli standard di cura del diabete mellito, le linee guida italiane redatte in maniera congiunta dalle due società scientifiche SID e AMD.
Non solo anti-influenzale e anti-pneumococcica, ma anche i vaccini anti-morbillo-parotite-rosolia, anti-varicella-zoster e anti-meningococco sono raccomandati nei soggetti con diabete. Tra le novità della terapia spuntano e la bocciatura delle sulfaniluree, i vecchi farmaci per la terapia orale del diabete che, avendo fatto il loro tempo ed essendo gravati di importanti effetti indesiderati, vengono retrocessi nelle retrovie.
Le persone con diabete non hanno un buon rapporto con le malattie infettive. Per questo, laddove possibile è meglio mettere in campo tutti i possibili strumenti per prevenirle. Anche per questo, l’edizione 2018 degli Standard di cura sottolinea l’importanza delle vaccinazioni delle persone con diabete.
Influenza e polmonite sono malattie infettive comuni e prevenibili, associate ad elevata mortalità e morbilità nelle persone anziane e nei soggetti affetti diabete. Le persone affette da diabete sono anche ad aumentato rischio di infezioni pneumococciche. E’ stato evidenziato inoltre che i soggetti con diabete sono ad elevato rischio di setticemia nel corso di un ricovero ospedaliero, con tassi di mortalità fino al 50 per cento.
“Oggi disponiamo di vaccini sicuri ed efficaci – sottolinea il prof. Giorgio Sesti, presidente della Società Italiana di Diabetologia – che possono ridurre notevolmente il rischio delle gravi complicanze di queste malattie. Vi sono prove scientifiche che evidenziano come i soggetti diabetici hanno adeguate risposte sierologiche e cliniche in risposta a queste vaccinazioni. Alla luce di queste evidenze, è dunque opportuno raccomandare che i soggetti con di diabete si sottopongano alla vaccinazione anti-influenzale annuale e, almeno una volta nella vita negli adulti con diabete, alla vaccinazione anti-pneumococcica, con una singola rivaccinazione per i soggetti con età superiore a 64 anni, che abbiano già effettuato una prima vaccinazione più di 5 anni prima. Le persone con diabete dovrebbero inoltre sottoporsi, anche in età adulta, alla vaccinazione anti-morbillo-parotite-rosolia, qualora non risultassero immuni (per aver contratto in precedenza queste malattie) anche ad una sola delle tre patologie incluse nel vaccino”.
Le persone con diabete tipo 1 sono esposte ad un incrementato rischio di infezione meningococcica invasiva. Pertanto, si raccomanda l’immunizzazione con vaccino anti-meningococco coniugato nei soggetti diabetici tipo 1. L’Herpes Zoster è una malattia debilitante causata dalla riattivazione del virus silente nei gangli del sistema nervoso. La presenza di diabete può aumentare il rischio di patologia da herpes zoster o aggravarne il quadro sintomatologico. Oltre ai soggetti anziani dunque la vaccinazione andrebbe offerta ai soggetti con diabete. (Piano Nazionale Prevenzione Vaccinale – PNPV 2017-2019).
Il nuovo che avanza. Cambia l’algoritmo di trattamento del diabete tipo 2: largo ai farmaci innovativi, retrocesse sulfanilurre, glinidi e acarbose. Terapia sempre più ‘su misura’
Il nuovo algoritmo per il trattamento del diabete tipo 2, proposto negli Standard di cura 2018, vede ancora ben salda in pole positionla metformina, farmaco di prima scelta. Qualora la monoterapia con metformina non fosse sufficiente ad ottenere o mantenere un buon controllo metabolico, è necessario associare un secondo farmaco.
E su questo punto l’edizione degli Standard 2018 introduce una novità epocale: i farmaci da aggiungere in seconda linea di terapia (o già in prima linea nei soggetti intolleranti alla metformina) non vengono più messi tutti sullo stesso piano.
Ci sono per così dire quelli di ‘serie A’, da inserire nel piano di terapia subito dopo la metformina sulla base delle caratteristiche del paziente; poi ci sono tutti gli altri, da non utilizzare in prima battuta. E questa distinzione di fatto configura una divisione netta tra i farmaci di ultima generazione e innovativi da una parte e farmaci più ‘stagionati’ dall’altra.
Con un’eccezione importante come visto, quella della metformina che, pur essendo un farmaco molto vecchio, resta quello di prima scelta nel trattamento del diabete, in tutti gli stadi e finché possibile. I farmaci ‘retrocessi’ nelle retrovie si trovano in questa posizione non per la loro ‘vetustà’, quanto per i loro effetti collaterali, considerati troppo importanti per essere tollerati, soprattutto ora che si hanno a disposizione farmaci molto più sicuri ed efficaci.
“A questo proposito – spiega il prof. Sesti – sulla base del profilo complessivo di efficacia, tollerabilità e sicurezza, pioglitazone, inibitori DPP4, agonisti del GLP1 o inibitori di SGLT2 sono preferibili rispetto a sulfaniluree, glinidi o acarbose che costituiscono farmaci di seconda scelta. Quando anche la combinazione della metformina con un altro farmaco non è più sufficiente a mantenere un soddisfacente controllo della glicemia, bisogna aggiungere un terzo farmaco. E la scelta dei farmaci da aggiungere alla metformina deve essere effettuata tenendo conto delle caratteristiche del paziente, comprese le comorbilità, i rischi e i benefici di ciascun farmaco, individualizzando cioè terapia”.
Nei pazienti obesi, si devono preferire, ove possibile, i farmaci che riducono il peso (agonisti GLP1 e inibitori SGLT2) o quelli che non determinano aumento di peso, quali gli inibitori DPP4. Nei pazienti con pregressi eventi cardiovascolarie non sufficientemente controllati con la metformina, o che presentino intolleranza o controindicazioni alla metformina, SGLT-2 inibitori, GLP-1 agonisti a lunga durata d’azione e pioglitazone devono essere considerati farmaci di prima scelta, salvo controindicazioni.
Nei soggetti che, per età avanzata, comorbilità, uso di macchinari o guida protratta di veicoli, sono a rischio di subire conseguenze gravi dall’ipoglicemia, è preferibile non utilizzare le sulfaniluree, in particolare , la glibenclamide, che si associa ad un rischio di ipoglicemia maggiore anche rispetto alle altre sulfaniluree.
Quando il controllo glicemico con farmaci non insulinici anche in politerapia non è soddisfacente, è necessario iniziare la terapia insulinica. La scelta dello schema di terapia insulinica deve essere compiuto sulla base dell’andamento delle glicemie del singolo paziente, tenendo conto anche dell’aderenza alla terapia.
Se non controindicata, è consigliabile mantenere in terapia la metformina, anche quando si inizia il trattamento con insulina. L’aggiunta alla terapia insulinica di inibitori SGLT2, agonisti del GLP1 e inibitori DPP4, con o senza metformina, consente di ridurre le dosi giornaliere di insulina e limitare l’incremento ponderale.
Il nuovo che avanza. Anche nella terapia anti-colesterolo: gli inibitori di PCSK9
Gli inibitori di PCSK9 sono anticorpi monoclonali capaci di inibire la funzione di PCSK9, una molecola che impedisce ai recettori del colesterolo LDL di tornare in superficie per smaltire l’eccesso di colesterolo circolante. Sono nuovi e potenti strumenti terapeutici, da poco disponibili in Italia.
Vengono somministrati per via s.c. a cadenza quindicinale o mensile e sono in grado di ridurre in maniera importante i livelli di colesterolo LDL (il colesterolo cattivo) nei pazienti già sottoposti a trattamento con statina. Gli studi focalizzati sulla popolazione diabetica hanno mostrato risultati molto positivi sulla riduzione del colesterolo LDL.
“Pertanto – conclude il prof. Sesti – gli inibitori della PCSK9 possono trovare impiego nei soggetti diabetici con i profili di rischio cardiovascolare più alti, nei quali le statine non sono sufficienti a raggiungere l’obiettivo terapeutico o nei pazienti con intolleranza alle statine”.
Fonte: In Salute News