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Ballare è un ottimo rimedio per prevenire il morbo di Alzheimer
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lisailcognome
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lisailcognome
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Un farmaco promette di prevenire l’Alzheimer (se assunto prima della comparsa dei sintomi)
Secondo una nuova ricerca americana, un farmaco, già utilizzato per alleviare i sintomi dell’Alzheimer, potrebbe prevenire e rallentare la progressione della malattia, se usato prima della comparsa dei sintomi. Ma è ancora troppo presto per parlare
Un farmaco, usato per alleviare i sintomi dell’Alzheimer potrebbe riuscire a combattere questa malattia neurodegenerativa se usato prima della loro comparsa. A riferirlo sulle pagine della rivista Alzheimer’s & Dementia sono stati i ricercatori dell’università della Virginia, che hanno scoperto come la memantina, un farmaco per trattare i sintomi della malattia, potrebbe essere usato anche per prevenire o rallentare la progressione dell’Alzheimer se somministrato ai pazienti prima che compaiano i sintomi.
I sintomi caratteristici della malattia sono principalmente una grave perdita di memoria e un declino della funzione cognitiva. Ma, precisano i ricercatori, i processi molecolari che portano a questi sintomi solitamente cominciano anni prima, ovvero molto prima che si verifichi un danno neuronale esteso. “Sulla base di ciò che abbiamo imparato finora, credo che non saremo mai in grado di curare il morbo di Alzheimer trattando i pazienti una volta che diventano sintomatici”, spiega il biologo George Bloom, che ha coordinato lo studio.
“La migliore speranza per sconfiggere questa malattia è riconoscere precocemente i pazienti a rischio e iniziare a trattarli con nuovi farmaci e forse con correzioni dello stile di vita che potrebbero ridurre la velocità con cui la fase silenziosa della malattia progredisce”.
Quando l’Alzheimer comincia c’è un lungo periodo di tempo (un decennio o più) in cui i neuroni del cervello tentano di dividersi, probabilmente per compensare la morte di altri neuroni, colpiti dalla malattia.
Questo è molto strano, osservano i ricercatori, visto che la maggior parte dei neuroni si sviluppa nella fase prenatale e successivamente non si dividono più. Ma nell’Alzheimer, le cellule fanno questo tentativo, e successivamente muoiono.
Il ricercatore Erin Kodis, che ha collaborato allo studio, ha ipotizzato che ciò che spingerebbe questi neuroni indietro nel ciclo cellulare sarebbe un eccesso di calcio che penetra all’interno. E ciò si verificherebbe prima di una catena di eventi che alla fine portano alle placche amiloidi, ovvero accumuli nel cervello composti principalmente dalla proteina beta amiloide e (in piccola parte) da un’altra proteina, l’apolipoproteina E (Apoe), che interferiscono sulla funzione delle sinapsi neuronali dei malati di Alzheimer.
Per validare la sua ipotesi, Kodis e il suo team hanno così condotto alcuni esperimenti, scoprendo che quando i neuroni sono esposti alla proteina beta amiloide, un canale, chiamatorecettore Nmda, si apre permettendo così il flusso di calcio che guida i neuroni nel ciclo cellulare. Kodis ha così svolto altri esperimenti in laboratorio per vedere in che modo lamemantina potesse essere efficace: dai risultati è emerso che questo farmaco blocca il rientro del ciclo cellulare, chiudendo il recettore Nmda.
“Gli esperimenti suggeriscono che la memantina potrebbe essere efficace se potesse essere somministrata ai pazienti molto prima che diventino sintomatici”, spiega Bloom, sottolineando che i potenziali pazienti dovrebbero essere sottoposti a screeningper i biomarcatori del morbo di Alzheimer anni prima che compaiano i sintomi. “Forse questo farmaco potrebbe rallentare la progressione della malattia abbastanza a lungo che l’età media di insorgenza dei sintomi potrebbe essere significativamente più tardi”. I pazienti dovrebbero quindi essere trattati con memantina, possibilmente per tutta la vita, nella speranza di fermare la malattia. “Non voglio alimentare false speranze”, conclude Bloom. “Ma se questa idea di usare la memantina avrà successo, sarà perché ora comprendiamo che il calcio è uno dei fattori che fa cominciare la malattia, e potremmo essere in grado di fermare o rallentare il processo se agiremo molto presto”.
https://www.wired.it/scienza/medicina/2018/08/03/farmaco-alzheimer-sintomi/
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Lisa
Baptiste
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Grazie mille della condivisione @lisailcognome
Ti auguro una buona giornata
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lucaDeada
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Ballare è un modo per me di esprimere una specie di libertà, mi fa sentire così felice
Baptiste
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Cari membri @CANEVARO @solidaire @AW1948 @tonyHHH @Viola60 avete visto questa discussione? Qual è la vostra esperienza a riguardo? Grazie tanto in anticipo
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In occasione della Giornata Mondiale dell'Alzheimer il 21 settembre, intervistiamo Benoît Michel, psicologo e autore del libro "Vivere bene con una persona cara affetta dalla malattia di Alzheimer". Ha accettato di rispondere alle nostre domande su come vivere meglio con la malattia di Alzheimer - sia per i pazienti che per i caregiver!
Vi allego qui il link: https://member.carenity.it/rivista/consigli/intervista-con-un-esperto-come-vivere-meglio-con-una-persona-cara-con-la-malattia-di-alzheimer-1072
Cari membri @Almafrog @marta.grassi @Missy198 @gfrera @CICCIONA avete visto questa intervista? Cosa ne pensate? Non esitate a condividere la vostra esperienza con noi, la quale sarà molto utile per la nostra comunità. Grazie mille in anticipo
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Baptiste
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Baptiste
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Il morbo di Alzheimer è la causa più comune di demenza senile. Ad oggi risulta incurabile ma è possibile contrastarne l'insorgenza e prevenirlo attraverso la danza.
Il morbo di Alzheimer colpisce generalmente persone in età avanzata, dai 65 anni in su, e si manifesta con perdita di memoria, difficoltà di carattere motorio, senso di confusionee mancato riconoscimento di luoghi familiari, disorientamento, cambiamenti di umore e di comportamento. Solo negli Stati Uniti la malattia rappresenta la sesta causa di morte e circa il 50-80% dei casi di demenza senile deriva da essa.
In virtù di questo, la ricerca scientifica pone in prima linea gli studi sull’Alzheimer allo scopo di comprenderne quanti più aspetti possibile e di scoprire una cura efficace. Attualmente infatti non esiste una soluzione per far regredire la malattia. Gli unici interventi che possono essere fatti sono volti a rallentarne la progressione attraverso il trattamento dei sintomi e un’assistenza continua al paziente. Tali interventi riescono a migliorare la qualità della sua vita e delle persone che lo assistono e vivono con lui.
Recenti ricerche hanno dimostrato che è possibile abbassare il rischio di contrarre il morbo di Alzheimer cambiando il proprio stile di vita, seguendo una dieta sana e facendo regolare attività fisica. Ad esempio è d’aiuto camminare per 150 minuti a settimana oppure dedicarsi ad attività aerobiche in acqua. L’intensità consigliata è di tipo moderato, si dovrebbe poter parlare ma non cantare.
Tuttavia questi accorgimenti danno buoni risultati solo a livello di prevenzione e non in relazione all’insorgenza della malattia. Gli esercizi svolti in palestra, infatti, sono ripetitivi, non richiedono consapevolezza delle proprie azioni, avvengono in maniera automatica una volta che si sono imparati. Di conseguenza non c’è una diretta stimolazione del cervello.
Diverso è invece il caso della danza. Ballare crea nuove connessioni nel cervello, stimola la memoria in quanto si devono apprendere sempre nuovi passi, studiare coreografie diverse seguendo ritmi che variano dall’una all’altra. Si tratta di un allenamento sia mentale che fisico dal quale si riesce ad ottenere un miglioramento dell’equilibrio, della salute del cuore e un potenziamento del cervello, diminuendo depressione e isolamento. Tratti, questi ultimi, tipici dell’ Alzheimer.
Secondo il dott. Jo Rodda, consulente psichiatra cognitivo, la danza mantiene il cervello sano, attivo e forte. Non solo, gli esercizi assicurano un buon afflusso di sangue al cervello, cosa che incoraggia la crescita e la sopravvivenza delle cellule celebrali, aspetto fondamentale per contrastare la demenza.
Un’altra ricerca altrettanto importante, condotta nel 2015 su un campione di anziani, ha offerto risultati incoraggianti e positivi in quanto i volontari coinvolti in lezioni di ballo della durata di due ore, per un paio di volte a settimana, nell’arco di un anno hanno aumentato il loro punteggioda 21 a 22 nei test di memoria, mentre quelli che non hanno ballato lo hanno diminuito da 21 a 20.
Da quanto detto, dunque, è evidente che per prevenire e contrastare l’avanzata del morbo di Alzheimer è fondamentale mantenere allenato il cervello, stimolarlo continuamente perché imparare cose nuove, crea nuove connessioni in esso e aumenta le dimensioni dell’ippocampo, la zona del cervello responsabile della memoria. Anche se siamo ancora lontani da una cura effettiva ed efficace, seguire l’esempio degli anziani coinvolti nelle ricerche non può che fare bene.
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