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L’ossessione per la salute può diventare una malattia
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giupipino
Buon consigliere
giupipino
Ultima attività il 11/03/24 alle 17:06
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Mah, a me pare che di salutismo non si parli mai abbastanza. L'articolo pone l'accento sull'eccesso di controlli da parte di salutisti estremi. A parte che io di salutisti estremi non ne conosco (a meno di non considerare me stesso un salutista estremo, dal momento che misuro la mia pressione arteriosa e la mia glicemia tutti i giorni) a me non pare che un controllo in più faccia male, anzi. Conosco un amico il quale, senza che avesse alcun sintomo era arrivato a 160- 260 di pressione. Naturalmente s'è beccato un brutto ictus, che, se avesse fatto qualche controllo in più avrebbe evitato. Poi anche il fatto che il salutista “sano” per esempio non demonizza alcuni nutrienti come va di moda oggi scegliendo diete “senza”, dai grassi alle carni rosse, dai prodotti che non siano biologici ai carboidrati, dal glutine al lattosio, non mi convince. Un alimento potenzialmente nocivo, come i grassi animali o la carne rossa è giusto che vengano ELIMINATI, senza se e senza ma, anche perché esistono ottime alternative, come i grassi vegetali insaturi o monoinsaturi. Oppure la carne bianca ottenuta possibilmente da allevamenti sani (il classico contadino che ti vende il pollo o la gallina allevato in cortile).
Insomma a me pare che questo articolo rientri nella serie "facimme ammuina" così la gente non capisce cosa è bene e cosa è male e noi possiamo continuare a fare grossi affari vendendo medicine, ricoverando i pazienti per obesità, per aterosclerosi, per diabete.
Morale della favola: meglio, mille volte meglio una cura eccessiva della propria salute e del proprio benessere, che una ignoranza eccessiva degli equilibri del corpo e della sua salute.
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Bellezza come dovere, salute come imperativo. Chi non ha un ultra-corpo rischia di essere discriminato. La cultura occidentale ha trasformato la buona forma fisica in uno status da ottenere a tutti i costi. Esserne consapevoli è il primo passo per dire basta.
Belli, giovani, magri, sani. L’imperativo sociale e morale alla salute ci obbliga a essere così, chi si discosta dal paradigma rischia di essere discriminato. Un’esagerazione? Non troppo, stando all’analisi della sociologa statunitense Evgenia Goldman pubblicata di recente sul Journal of Social Policy Studies: la cultura occidentale ha talmente commercializzato la salute da renderla uno status da ottenere a tutti i costi per essere accettati. L’ossessione per diete, cibi biologici e super-alimenti, fitness, app per monitorare i parametri di salute e perfino per la chirurgia estetica nasce dalla ricerca di corpi perfetti dentro e fuori, secondo Goldman: «Un corpo sano e bello è diventato misura socioeconomica e valore sociale. Chi non rientra nei canoni è considerato “peggiore”, a livello personale e professionale, così tutti siamo spinti verso il salutismo. Un valore positivo se ci sprona a mangiare bene, fare sport e prenderci una giusta cura del nostro benessere, ma che all’eccesso può diventare una vera malattia che crea disagi mentali e fisici».
Ognuno è artefice della propria salute
Il crinale è sottile: oggi il focus della medicina si è spostato sulla prevenzione e molte campagne puntano a responsabilizzare i cittadini, spiegando come ognuno sia artefice della propria salute. Fin qui tutto bene, ma per alcuni questo diventa un imperativo a sorvegliarsi continuamente per scongiurare malattie anche solo ipotetiche, adottando uno stile di vita estremo o inducendo a scelte drastiche. «È questione di equilibrio e morigeratezza - interviene Franco Perticone, presidente della Società Italiana di Medicina Interna -. Il salutista “sano” per esempio non demonizza alcuni nutrienti come va di moda oggi scegliendo diete “senza”, dai grassi alle carni rosse, dai prodotti che non siano biologici ai carboidrati, dal glutine al lattosio: non c’è alcun bisogno di inventarsi regimi alimentari fantasiosi escludendo una o più categorie di cibi per restare in salute, la dieta mediterranea resta il paradigma migliore. Anzi, costringersi a rinunciare a certi alimenti può far male: chi modifica drasticamente la dieta può andare incontro a carenze nutrizionali importanti. Lo stesso dicasi dell’attività fisica: il movimento regolare e costante fa bene e attiva geni protettivi, l’allenamento strenuo per avere muscoli scolpiti può essere negativo, perché, per esempio, aumenta i danni da radicali liberi dell’ossigeno. Molti dei comportamenti e delle opinioni dei salutisti estremi derivano da credenze senza riscontro scientifico».
Siamo tutti pazienti «a priori»?
Spesso si tratta solo di buon marketing, come quando a giorni alterni veniamo convinti di dover mangiare chissà quale cibo esotico per migliorare le difese dell’organismo, o per ottenere chissà quale altro beneficio. «Non ci sono alimenti miracolosi né l’integratori irrinunciabili, anzi: spesso le persone sottovalutano l’effetto dei supplementi e si espongono a rischi» sottolinea Perticone. Così, se sentirsi un po’ a rischio di malattie come i tumori o il diabete fa bene perché ci ricorda l’importanza di uno stile di vita sano, renderci tutti pazienti “a priori” è pericoloso perché fomenta nevrosi e disagi, oltre a farci spendere per alimenti o tecnologie non sempre utili. «Oggi poi sappiamo che il concetto di salute può essere più sfumato del previsto: uno studio recente su JAMA (Journal of American Medical Association) ha dimostrato che un leggero sovrappeso può essere perfino protettivo in termini di mortalità, la magrezza non è sempre indice di buona salute», dice Perticone. La virtù sta nel mezzo, insomma, e pare che trovarla sia più difficile per le donne, a maggior rischio di salutismo estremo stando a Evgenia Goldman: «Su di loro pesa lo stereotipo di genere per cui oltre che di se stesse devono occuparsi anche del resto della famiglia. I canoni del salutismo esasperato si fanno particolarmente sentire nel sesso femminile, provocando sensi di colpa, inadeguatezza e stress». «Le donne sono più attente al loro aspetto e alla salute, queste due esigenze in effetti si saldano più spesso in una “mania” salutista», conclude Franco Perticone.
Schiavi delle app che controllano tutto
Anche le tecnologie attuali fomentano il salutismo estremo e sono considerate da Evgenia Goldman una delle cause principali della medicalizzazione della vita quotidiana. Perché oggi ci sono test diagnostici per tutti i gusti e chi vuole passare il tempo a controllare di non essere malato ha solo l’imbarazzo della scelta; poi ci sono le app, con cui per esempio è possibile valutare se si è dormito bene o se ci si sta allenando quanto basta; a ciò si aggiungono sistemi di monitoraggio portatili dei parametri più vari, dalla pressione arteriosa all’attività fisica, a cui i salutisti più convinti non rinunciano. «La continua sorveglianza di se stessi porta ad aumentare l’uso quotidiano delle tecnologie, la presenza delle tecnologie spinge ad avere uno sguardo sempre più indagatore sulla propria salute - dice Goldman -. Risultato, molti finiscono per sentirsi pazienti a priori, malati senza sintomi che passano l’esistenza a monitorarsi».
Tutto è cominciato negli anni ‘70
Il primo a parlare di salutismo fu Robert Crawford, economista Usa che nel 1980 pubblicò il saggio «Il salutismo e la medicalizzazione della vita quotidiana» in cui notava la tendenza a una preoccupazione esagerata nei confronti del benessere: negli anni ‘70 erano aumentate le persone dedite al jogging, le pubblicità facevano leva sul desiderio di essere sani. Una spinta alla salute senza precedenti che, secondo Crawford, sarebbe figlia delle grosse crisi: quando si percepisce di non poter controllare ciò che accade all’esterno, come accadeva 40 anni fa in tempi di incertezze economiche e crisi petrolifera, per tacitare l’ansia ci si focalizza sul controllo esasperato di ciò che possiamo illuderci di gestire. La nostra salute, appunto. Forse allora non è un caso che la seconda ondata di salutismo estremo sia recente: una reazione agli scossoni finanziari e all’allarme terrorismo degli ultimi anni?
Corriere.it