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Pazienti Diabete tipo 1
Diabete di tipo 1: la terapia genica potrebbe essere il futuro?
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Ex membro
Vista così, questa ricerca sembra poter originare delle speranze, ma occorre andarci cauti, molte volte si sono sentite ventilare possibili soluzioni "miracolose", nei fatti, poi, c'è sempre stato un freno ed una marcia indietro. Devo pensar male? Il cartello delle imprese farmaceutiche, fa e farà di tutto per continuare a vendere tutti i prodotti indispensabili per i diabetici, che ora sommano a centinaia di miliardi di dollari l'anno. Perché dollari? Semplice, è da lì che arrivano le maggiori resistenze per nuovi rimedi.
Emassi
Emassi
Ultima attività il 24/01/21 alle 22:39
Iscritto nel 2016
4 commenti pubblicati | 3 nel forum Diabete tipo 1
Ricompense
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Collaboratore
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Esploratore
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Amico
La pensò esattamente come Mario, se ci fosse una vera volontà di risoluzione de problema l'avrebbero già fatto.
In realtà i milioni di diabetici al mondo sono un tesoro per le multinazionali, come tutte le malattie croniche.
Non conviene guarirci definitivamente, conviene tenerci ammalati per più tempo possibile.
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Emassi
Ex membro
Fintanto che la ricerca di nuovi rimedi, direi in tutti i campi, viene lasciata quasi esclusivamente alle multinazionali che vendono i farmaci, ma potrei aggiungere i prodotti petroliferi, ecc... non capiterà mai che trovino rimedi per guarire i malanni che ci affliggono. O un Paese trova la propria strada sulla ricerca, tramite una sua agenzia nazionale che va finanziata, oppure lì si va a parare, in mano ai caimani.
Ex membro
Sono del vostro parere pure io . Le malattie come la nostra danno vita e prosperita' alle case farmaceutiche e la ricerca viene finanziata da noi tramite donazioni . Questo per dire che noi paghiamo chi ci vuole malati per arricchirsi e per una ricerca infinita in cui non porta da nessuna parte . Questo fino ad oggi . Ci migliorano la gestione della malattia tramite apparecchiatura sempre piu tecnologiche e costose ma che non curano la malattia la fanno progredire negli anni diminuendo pericoli derivanti da complicazioni ma portandola sempre piu avanti negli anni . Loro ci vogliono malati .
chiarab
chiarab
Ultima attività il 04/10/24 alle 07:15
Iscritto nel 2016
9 commenti pubblicati | 6 nel forum Diabete tipo 1
Ricompense
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Esploratore
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Amico
purtroppo la penso esattamente come voi ...ci migliorano la gestione ma non portano avanti la cura definitiva della malattia....
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cb
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Indagine
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La tua opinione su trattamenti per il diabete di tipo 1
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Gigihgt
@Maragnaffo l'ho messo 2 volte nel tricipite, impossibile farlo arrivare a 15 giorni, allora ho cercato un posto alternativo, da 5 mesi lo applico con successo 2 centimetri sotto l'anca, valori quasi sempre perfetti nel confronto col glucometro, ottima posizione anche per dormire e per lavarsi, molto soddisfatto del mio esperimento.
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Gigihgt
@Maragnaffo l'ho messo 2 volte nel tricipite, impossibile farlo arrivare a 15 giorni, allora ho cercato un posto alternativo, da 5 mesi lo applico con successo 2 centimetri sotto l'anca, valori quasi sempre perfetti nel confronto col glucometro, ottima posizione anche per dormire e per lavarsi, molto soddisfatto del mio esperimento.
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Baptiste
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Baptiste
Ultima attività il 01/10/24 alle 09:36
Iscritto nel 2016
5.442 commenti pubblicati | 172 nel forum Diabete tipo 1
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Ricompense
Buon consigliere
Partecipante
Messaggero
Collaboratore
Esploratore
Amico
La terapia genica potrebbe rappresentare una nuova speranza per i pazienti affetti da diabete di tipo 1. Secondo uno studio americano pubblicato su Cell Stem Cell questo approccio si infatti è mostrato capace di far regredire la malattia in modelli murini.
La terapia genica potrebbe rappresentare una nuova speranza per i pazienti affetti da diabete di tipo 1. Secondo uno studio americano pubblicato su Cell Stem Cell questo approccio si infatti è mostrato capace di far regredire la malattia in modelli murini.
Nella loro ricerca, gli esperti dell’Università di Pittsburgh sono riusciti a modificare alcune cellule del pancreas in modo da renderle capaci di produrre insulina, proteggendole allo stesso tempo dall’attacco del sistema immunitario che si verifica nel diabete di tipo 1.
Nella malattia, infatti, il sistema immunitario attacca e distrugge le cellule beta del pancreas deputate alla secrezione di insulina, innalzando, di conseguenza, i livelli di glucosio nel sangue.
Secondo i ricercatori, una ipotetica terapia sostitutiva delle cellule beta sarebbe probabilmente fallimentare in quanto le nuove cellule potrebbero essere vittime della stessa autoimmunità che ha distrutto le cellule originali.
Proprio per questo motivo, una potenziale soluzione sarebbe quella di riprogrammare altri tipi di cellule in cellule beta funzionali, che da una parte possano produrre insulina, ma dall’altra siano diverse dalle cellule beta originali, in modo da non essere riconosciute e attaccate dal sistema immunitario.
Per dimostrare la fattibilità di questo nuovo approccio, i ricercatori americani hanno progettato un vettore Aav (vettore virale adeno-associato) per trasportare nel pancreas dei topi i geni di due proteine, Pdx1 e MafA, fattori di trascrizione che aiutano nella sintesi e nella secrezione dell’insulina.
L’obiettivo dei ricercatori era quello di creare cellule beta-simili funzionali riprogrammando le cellule alfa pancreatiche (addette normalmente alla produzione di glucagone, antagonista dell’insulina), che sono molto abbondanti e molto simili alle cellule beta.
Gli esperti sono riusciti a riprogrammare le cellule con successo ripristinando i normali livelli di glucosio nel sangue degli animali per circa quattro mesi.
“La terapia genica sembra creare queste nuove cellule produttrici di insulina che sono resistenti a un attacco autoimmune”, spiega l’autore dello studio George Gittes. “Questa resistenza sembra essere dovuta al fatto che queste nuove cellule sono leggermente diverse dalle normali cellule di insulina, ma non così diverse da non funzionare bene”.
Tuttavia, una delle principali preoccupazioni dei ricercatori è che i topi alla fine dei quattro mesi tornino a essere malati, suggerendo quindi che questo trattamento non possa rappresentare una cura definitiva per la malattia.
“La protezione dal diabete nei topi non è permanente, anche se alcuni studi suggeriscono che i processi nei topi sono molto accelerati e che, quindi, quattro mesi nei topi potrebbero tradursi in diversi anni negli esseri umani”, precisano i ricercatori, sottolineando che sono già state avviate le sperimentazioni di questo nuovo approccio nei primati.
I ricercatori ora stanno testando il trattamento sui primati, in attesa che l’FDA dia loro il via libera per la sperimentazione sull’uomo.
“Trials clinici su malati sia di diabete di tipo 1 dia di tipo 2 sono previsti nell’immediato futuro: il trattamento è sicuro perché il virus che veicola le proteine viene immesso nel pancreas tramite una procedura endoscopica non chirurgica, il che evita di dover prendere immunosoppressori o altre medicine, dato che non c’è rischio di infezioni”.
Pharmastar