Diabete di tipo 1, il progetto nelle scuole che insegna a convivere con la malattia. Sentendosi uguali agli altri.
Pubblicata il 20 feb 2018
Non sentirsi diversi o emarginati, imparare i piccoli trucchi per gestire la malattia a scuola e con gli amici, vivere con serenità il proprio diabete: il progetto «Sono un t1po»
Convivere con il diabete di tipo 1 da bambini non è semplice. Ci si sente a volte diversi dagli altri, sembra di non poter fare le stesse cose degli amichetti, seguire le cure non sempre è agevole, capita di avere paura. Per aiutare bambini, insegnanti e famiglie a conoscere meglio il diabete di tipo 1 per gestirlo bene e in maniera naturale, prosegue perciò il progetto «Sono un t1po» ideato dall’Associazione Giovani con Diabete (AGD Italia), che porta nelle scuole fumetti Disney con cui spiegare ai più piccoli la vita con la malattia.
Fumetti per conoscere
I fumetti hanno per protagonista Coco, una scimmietta con diabete di tipo 1: le storie la seguono nella sua voglia di praticare sport con gli amici o nelle sue avventure alle feste di classe, insegnando ai bambini che la malattia non è un limite a una vita del tutto normale, anche se servono piccole precauzioni. Il progetto, che nel 2017 ha coinvolto scuole primarie di Roma, Napoli e Firenze, prosegue quest’anno con tappe previste a Pavia, Trieste e Nuoro. «L’inserimento scolastico del bambino con diabete passa attraverso la formazione del personale scolastico: non c’è bisogno di misure di sostegno speciali, basta una sorveglianza consapevole – spiega Gianni Lamenza, presidente di AGD Italia –. La gestione ordinaria del diabete oggi è molto semplificata dalla tecnologia e le possibili, anche se improbabili, situazioni di emergenza possono essere gestite da personale non sanitario adeguatamente formato».
Vivere con serenità
«Questa iniziativa per noi è preziosissima e la parola chiave è "demedicalizzazione" – prosegue Lamenza –. Il bambino non va trattato come un malato, perché la sua patologia non richiede la presenza di personale sanitario; altrimenti non si spiegherebbe come mai i genitori che non sono medici siano in grado di assistere i propri figli in condizioni di assoluta sicurezza. Ed è proprio per questo che l’insegnante ha il diritto di essere formato adeguatamente per poter svolgere il suo compito in condizioni di serenità e sicurezza». «Serve un grande lavoro di formazione non solo del bambino ma di tutto il nucleo familiare e di chi entra in contatto con lui a scuola, una presa in carico a tutto tondo – osserva Lorenzo Lenzi, pediatra diabetologo dell’Ospedale Pediatrico Meyer di Firenze –. Lo sforzo terapeutico deve concentrarsi infatti anche sull’educazione di chiunque si trovi a interagire col bambino con diabete, altrimenti una condizione come questa, che tocca tutti i momenti della vita familiare e dei contesti di socializzazione, in particolare la scuola, non può essere gestita bene».
Corriere della sera - Elena Meli
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