Diabete di tipo 1: la terapia genica potrebbe essere il futuro?
Pubblicata il 19 gen 2018
La terapia genica potrebbe rappresentare una nuova speranza per i pazienti affetti da diabete di tipo 1. Secondo uno studio americano pubblicato su Cell Stem Cell questo approccio si infatti è mostrato capace di far regredire la malattia in modelli murini.
La terapia genica potrebbe rappresentare una nuova speranza per i pazienti affetti da diabete di tipo 1. Secondo uno studio americano pubblicato su Cell Stem Cell questo approccio si infatti è mostrato capace di far regredire la malattia in modelli murini.
Nella loro ricerca, gli esperti dell’Università di Pittsburgh sono riusciti a modificare alcune cellule del pancreas in modo da renderle capaci di produrre insulina, proteggendole allo stesso tempo dall’attacco del sistema immunitario che si verifica nel diabete di tipo 1.
Nella malattia, infatti, il sistema immunitario attacca e distrugge le cellule beta del pancreas deputate alla secrezione di insulina, innalzando, di conseguenza, i livelli di glucosio nel sangue.
Secondo i ricercatori, una ipotetica terapia sostitutiva delle cellule beta sarebbe probabilmente fallimentare in quanto le nuove cellule potrebbero essere vittime della stessa autoimmunità che ha distrutto le cellule originali.
Proprio per questo motivo, una potenziale soluzione sarebbe quella di riprogrammare altri tipi di cellule in cellule beta funzionali, che da una parte possano produrre insulina, ma dall’altra siano diverse dalle cellule beta originali, in modo da non essere riconosciute e attaccate dal sistema immunitario.
Per dimostrare la fattibilità di questo nuovo approccio, i ricercatori americani hanno progettato un vettore Aav (vettore virale adeno-associato) per trasportare nel pancreas dei topi i geni di due proteine, Pdx1 e MafA, fattori di trascrizione che aiutano nella sintesi e nella secrezione dell’insulina.
L’obiettivo dei ricercatori era quello di creare cellule beta-simili funzionali riprogrammando le cellule alfa pancreatiche (addette normalmente alla produzione di glucagone, antagonista dell’insulina), che sono molto abbondanti e molto simili alle cellule beta.
Gli esperti sono riusciti a riprogrammare le cellule con successo ripristinando i normali livelli di glucosio nel sangue degli animali per circa quattro mesi.
“La terapia genica sembra creare queste nuove cellule produttrici di insulina che sono resistenti a un attacco autoimmune”, spiega l’autore dello studio George Gittes. “Questa resistenza sembra essere dovuta al fatto che queste nuove cellule sono leggermente diverse dalle normali cellule di insulina, ma non così diverse da non funzionare bene”.
Tuttavia, una delle principali preoccupazioni dei ricercatori è che i topi alla fine dei quattro mesi tornino a essere malati, suggerendo quindi che questo trattamento non possa rappresentare una cura definitiva per la malattia.
“La protezione dal diabete nei topi non è permanente, anche se alcuni studi suggeriscono che i processi nei topi sono molto accelerati e che, quindi, quattro mesi nei topi potrebbero tradursi in diversi anni negli esseri umani”, precisano i ricercatori, sottolineando che sono già state avviate le sperimentazioni di questo nuovo approccio nei primati.
I ricercatori ora stanno testando il trattamento sui primati, in attesa che l’FDA dia loro il via libera per la sperimentazione sull’uomo.
“Trials clinici su malati sia di diabete di tipo 1 dia di tipo 2 sono previsti nell’immediato futuro: il trattamento è sicuro perché il virus che veicola le proteine viene immesso nel pancreas tramite una procedura endoscopica non chirurgica, il che evita di dover prendere immunosoppressori o altre medicine, dato che non c’è rischio di infezioni”.
Pharmastar
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