Il fondatore di Carenity risponde alle nostre domande
Pubblicata il 23 apr 2019 • Da Baptiste Eudes
“Abbiamo imparato molto, fatto errori anche, e miglioriamo sempre i nostri servizi affinché rispondano il più possibile alle aspettative dei pazienti.”
Quale ricordo hai del giorno di lancio di Carenity, otto anni fa? Qual’era il tuo stato d’animo?
Un grande momento di emozione e di serenità. L’emozione di vedere un progetto prendere vita ed anche un sentimento di serenità perché ero convinto dell’utilità del sito per i nostri futuri utenti.
Qual’era il tuo obiettivo in quel periodo?
Creare un social network per i pazienti ed i loro cari. In quanto parente di una paziente, so bene che è difficile avere accesso ad informazioni di qualità. E che le decisioni da prendere, in tempi spesso brevi, sono complesse. Mettere in contatto delle persone colpite dalle stesse malattie favorisce l’aiuto reciproco e la condivisione di informazione.
E oggi, l’obiettivo è sempre lo stesso? Quali lezioni hai tratto e come Carenity è evoluto?
L’obiettivo non è cambiato. Abbiamo imparato molto, fatto errori anche, e miglioriamo sempre i nostri servizi affinché rispondano il più possibile alle aspettative dei pazienti. La piattaforma raggruppa ormai più di un migliaio di patologie mentre abbiamo cominciato con 12 patologie nel 2011.
Perché la società si chiama Carenity?
E la giustapposizione di “Care”, la cura in inglese, e “Nity” per community.
In otto anni, il team Carenity è cresciuto, il sito è stato creato nel Regno Unito, in Spagna, in Italia, in Germania e negli Stati Uniti, la piattaforma ha conosciuto dei miglioramenti conseguenti… Per quale evento o fase sei rimasto il più colpito?
Ci sono molti eventi importanti durante questi otto belli anni. Due eventi mi vengono in mente: la creazione all’inizio del 2019 della prima filiale della società in Boston negli Stati Uniti. E quando abbiamo superato la barra dei 100 000 registrati. In questo momento, mi sono detto che il servizio proposto era veramente utile, oltre le nostre speranze. E in modo più generale, sono sempre molto commosso quando ricevo delle testimonianze di pazienti o di famiglie che ci dicono come Carenity ha cambiato la loro vita.
In otto anni, impariamo, evolviamo… ma di quale obiettivo o valore non ti sei mai allontanato?
Quando si crea una società o un servizio, bisogna sapere ascoltare ed adattarsi. Ma bisogna soprattutto rimanere fedele ai suoi impegni e i suoi valori. Da Carenity, condividiamo valori di trasparenza, di aiuto reciproco, di benevolenza dove l’essere umano è al centro di tutto.
Numerosi membri Carenity hanno partecipato ad indagini condivise con attori del settore sanitario. Qual’è stato l’impatto di queste indagini?
Potere raccogliere l’opinione dei pazienti “in vita reale” è un grande passo avanti nella scienza e quindi per i pazienti. Più di 300 studi in 8 anni hanno permesso in particolare di sviluppare nuovi prodotti e servizi per migliorare la qualità dell’assistenza dei malati. Abbiamo anche sensibilizzato le autorità pubbliche sul peso importante della parte restante a carico del paziente per alcune malattie in ALD (affezione lunga durata).
Quali sono le sfide per i prossimi anni? Dove vedi Carenity in otto anni?
Le sfide sono numerose. Stiamo per intensificare i nostri sforzi per proporre servizi che rispondono sempre meglio alle aspettative dei malati, nel rispetto della riservatezza dei dati e dei diritti degli utenti. Stiamo per proseguire la nostra internazionalizzazione. E soprattutto, faremo in modo di permettere all’opinione dei pazienti di essere sempre meglio presa in considerazione dalla ricerca medica, dai prestatori di cure, dagli industriali e dalle autorità sanitarie. La margine di miglioramento è enorme.
Grazie a Michael di aver risposto alle nostre domande.
E voi, come vedete Carenity in 8 anni? Esprimete un desiderio!