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"Fegato grasso" pericolo per un italiano su quattro

Pubblicata il 14 mar 2018

Allarme steatoepatite non alcolica

È invece la steatosi epatica non alcolica (NAFLD: nonalcoholic fatty liver disease) a rappresentare oggi la causa più frequente di malattia cronica del fegato nella pratica ambulatoriale. Si stima che circa un quarto degli italiani tra i 18 e i 65 anni sarebbe portatore di NAFLD. Questo quadro è stato considerato fino a non molti anni fa una condizione benigna. Tuttavia oggi si è verificato che in una proporzione consistente di pazienti la NAFLD può evolvere in situazioni più severe, in particolare quando alla steatosi del fegato si aggiungono infiammazione e danno epatico. Questa ultima situazione, chiamata "steatoepatite non alcolica (NASH: nonalcoholic steatohepatitis)", si associa ad attivazione della fibrogenesi e può evolvere in cirrosi ed in tumore maligno del fegato. Lo sviluppo della NASH ha una genesi multifattoriale, che include la resistenza all'insulina, le alterazioni della permeabilità intestinale, uno stato pro-infiammatorio sistemico e predisposizioni ereditarie.

Nei giorni scorsi si è svolto agli IFO di Roma un convegno dal titolo "Presente e Futuro in Epatologia ed Onco-Epatologia", un occasione per fare il punto con numerosi relatori italiani e discutere sullo stato attuale della diagnosi e del trattamento delle principali patologie croniche del fegato, in particolare sull'epatite B, sull'epatite C e sulla NASH (l'epatite cronica su base non alcolica). I dati presentati hanno mostrato inequivocabilmente come le nuove terapie mediche per le epatiti B e C abbiano oggi sostanzialmente ridotto i danni causati da questi due virus. In particolare, il numero di farmaci disponibili e l'efficacia nel controllare il virus hanno permesso un sostanziale contenimento degli importanti danni causati dal virus dell'epatite C.

Rischio tumori epatici sotto la lente

Ma è il fegato grasso a destare serio motivo d’allarme anche in ambito oncologico. Questa e e altre malattie croniche del fegato sono correlate con l'insorgenza di epatocarcinoma (il tumore che nasce dalle cellule proprie del fegato) e di colangiocarcinoma (il tumore che nasce dalle cellule delle vie biliari). Da una parte è quindi necessario verificarne le possibili terapie al fine di ridurre l'insorgenza di tumori, dall'altra quello di stabilire percorsi di gestione di questi ammalati per impostare programmi di screening e di sorveglianza per la diagnosi precoce di queste forme tumorali.
Il trattamento chirurgico dei tumori del fegato rappresenta pertanto uno dei campi di sviluppo più interessanti e effervescenti nel campo dell'oncologia medica e chirurgica. In questo settore l'Istituto Nazionale Tumori Regina Elena - IFO si è posto in una posizione di primo piano istituendo, già nel 2010, un reparto di Chirurgia EpatoBilioPancreatica, che ad oggi ha eseguito circa 600 interventi di resezione del fegato e circa 200 di resezione pancreatica, utilizzando tecniche laparotomiche e laparoscopiche.

Formazione in primo piano

Nell'ambito di queste attività, l'Istituto Regina Elena si colloca in una posizione di primo piano anche per quello che riguarda la formazione: corsi, formazione sul campo, scambi e borse di studio anche con il supporto della Società Italiana di Chirurgia (SIC). In quella che viene definita "formazione sul campo", il reparto di Chirurgia EpatoBilioPancreatica dell'Istituto nazionale Tumori Regina Elena è stato identificato da parte della Società Italiana di Chirurgia (SIC) come centro di riferimento per la chirurgia del fegato ed inserito nel programma della SIC Academy.
Tale programma ha messo a disposizione dei soci SIC una serie di borse di studio la cui finalità è di consentire la frequenza presso Centri nazionali di riferimento (individuati sempre dalla SIC) allo scopo di acquisire o aggiornare le conoscenze riguardanti indicazioni e tecniche in diversi settori della chirurgia.
Una delle borse che riguardano la chirurgia del fegato è stata messa a disposizione del Regina Elena ed è stata poi assegnata ai colleghi dell'Ospedale Vito Fazzi di Lecce. Ospiteremo a Roma, per due periodi di una settimana ciascuno, i chirurghi generali dell'ospedale leccese che condivideranno l'attività quotidiana di reparto e, soprattutto, di sala operatoria che si svolge agli IFO. Nel mese di marzo sarà invece il sottoscritto a recarsi a Lecce per eseguire interventi di chirurgia resettiva del fegato.
Essere identificati dalla principale società italiana di chirurgia come centro nazionale di riferimento nell'ambito della chirurgia del fegato rappresenta sicuramente un importante e significativo riconoscimento degli sforzi intrapresi in questi ultimi 7 anni dalla mia equipe e da tutti i colleghi che si occupano di malattie del fegato, delle vie biliari e del pancreas all'interno dell'Istituto Regina Elena.

di Gian Luca Grazi (direttore chirurgia epatobiliopancreatica Irccs Int Regina Elena-Ifo Roma)

36 commenti


Baptiste
il 17/05/19

Cari membri @darkmoon‍ @ANALGESICO‍ @Aistike91‍ @Danielaespo‍ @Linda24‍ @Mikele70‍ @lorettaeli‍ @Nogpaolo‍ @Giacoco‍ @Emilin‍ avete visto questa discussione? Cosa ne pensate? Potete qui esprimere la vostra opinione a riguardo e condividere esperienze 


Roby67
il 10/06/19

Quali esami di riferimento per la diagnosi esistono? Vi ringrazio tanto. 


andrea76
il 10/06/19

@Roby67‍ Esami del sangue, ecografia addominale, Tac o Risonanza Magnetica per i più comuni  


avatar
Ex membro
il 13/06/19

Da circa 10 anni, da un controllo ecografico, mi è stato diagnosticata una steatosi epatica (fegato grasso). Da 2 anni, causa preblemi di infiammazione intestinale, ancora non diagnosticata, ho smesso di bere alcol e ho cominciato una dieta prevalentemente senza grassi. Ultimamente, da esami sangue le GGT  55, transaminasi ast/got 19, alt/gpt 19, colesterolo tot. 240, HDL 56, LDL 150. Devo ancora farle vedere dallo specialista. Non faccio ancora uso di statina. Ho una certa preoccupazione. Anche perché mio padre è deceduto tumore fegato da epatite c, per altro contratta, e riconosciuta da trasfusioni da intervento chirurgico negli anni 70.


mario65
il 17/06/19

Io credo che per la STEATOEPATITE farmacologicamente si possa fare ben poco, se non attenersi ad una sana alimentazione e svolgere un'equilibrata attivita' fisica

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