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Pazienti Depressione
La descrizione della mia depressione
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Andare all'ultimo commentoEx membro
Penso che sia un dono quello che hai.Un autentico dono.
Personalmente non sono sicura di essere tanto retta. Provare a togliersi di mezzo è una violenza che, anche se "auto-impartita", mi spaventa e continua a tormentarmi. Anche se mi sto appigliando ai pensieri felici, ho sempre tanta paura. Forse non potrei mai dire qualcosa sulla morale proprio io, che non tengo di me tanta considerazione. Non è autocommiserazione, ma la pura verità. Personalmente l'atto di violenza più grande l'ho rivolto tempo fa a me stessa e credo di non essere io tanto buona da poter essere partecipe con te, o con voi tutti, di tanti principi morale dal momento che sebbene quell'episodio non si è più ripetuto, continuo ad essere il boia di me stessa,non perdonandomi e talvolta, colpevolizzandomi più del dovuto, forse.
Ex membro
Spero che la mia opinione non sia per te motivo di turbamento: non vedo in quello che hai fatto qualcosa di colpevolizzante. Non credo che sia stato un comportamento non etico, ne offensivo, neppure verso te stessa. In quel momento credo che tu abbia sentito essere la cosa più giusta da fare. In qualche modo hai rispettato un obbligo morale, come fece Werther.
Ex membro
Mi scuso ma non ho letto "i dolori del giovane Werther", non so quindi cosa lo abbia spinto.Comunque no, tranquillo non sei stato motivo di turbamento, qui si parla per se stessi giusto? Perciò tranquillo che non hai sbagliato nulla, anzi credo che la tua analisi sul senso dell'etica sia adatta a molti e quindi può essere d'aiuto a chi, leggendo, potrebbe riconoscersi nelle tue parole. Ma per me non vale questo discorso. E' davvero diverso.
Ex membro
Mi spiace molto @penelope88. Mi piacerebbe essere più d'aiuto: desidererei molto dedicarti parole di sollievo e comprensione.
Ex membro
Ma no credimi..questo sito aiuta molto. Già mettere nero su bianco quanto ci passa per la testa è un sussidio per dare i giusti contorni a problemi che spesso sembrano più grandi di noi. Scusami e scusatemi voi tutti se ho sbagliato nel dire qualcosa.
Ex membro
La vita è un dono sacro, legittimare un atto di violenza non può mai essere un'azione giusta verso se stessi o verso chi lo compie (vuol dire non aiutarla). Così si fa credere un qualcosa di sbagliato giusto. Werther non può essere esempio su cui basarsi, a volte è molto più facile dire "si hai fatto bene" che non "sbagli". Dire la verità implica essere visto con occhi di odio o rancore dalla persona a cui si parla: è semplice legittimare, ma è anche un atteggiamento adolescenziale e poco maturo. Quante volte avete detto ad una persona che amate una via giusta da seguire che però era la cosa meno facile da dire ? Quello è affetto, dare il consiglio giusto. Il suicidio non può essere "rispettare un obbligo morale", è una frase molto più conveniente (e detta in maniera anche un pò immatura). Ed anche un modo un pò infantile di prendere la vita. Sappiate dire la verità, sappiate non commiserare una persona che ha fatto un gesto estremo, ma spingerlo a non farlo più. Questo è affetto. Questo è amore. Questa è sincerità. Altrimenti si rischia di parlare solamente per frasi dette. Se un uomo è eroinamane e dopo aver smesso rinizia che gli dici Alessandro? Che ha fatto bene? Sarebbe fare il suo male. Solo perchè ha sentito di farlo era giusto Alessandro? Sarebbe soltanto legittimare una violenza contro se stesso. Racconta questo a chi ha la figlia tossicodipendente o la figlia che ha tentato il suicidio, se è giusto dire così. Vedrai cosa ti risponderanno. Se è giusto. Parla con loro.
Ex membro
Ho vissuto due episodi depressivi intensi ma fortunatamente non lunghi, anche se con strascichi imprevedibili e ancora presenti. L'essere amorfo, la mancanza di appetito intellettuale, l'angoscia e tutta quella violenta accidia che ti vive addosso, tanto intensa quanto stancante, sono tutti ricordi spaventosi e ho il terrore di poterli rivivere. @FlameBurning, mi sono persuaso che se dovessi scivolare di nuovo nel pattume della depressione e non vedere vie di uscita, se non riuscissi a superare questo evento vedendo il tempo passare lento, togliermi la vita sarebbe una possibilità razionale che considererei. Mi permetto di dire che in questa situazione vedo il suicidio come un atto stoico. Vorrei aggiungere che questa è la mia opinione, non sto istigando nessuno a farlo, ne a emularmi. E' la constatazione della mia esperienza e coscienza. Ti voglio anche dedicare una citazione di Foster Wallace, che secondo me mette in luce ancora meglio la mia opinione.
La persona che ha una cosiddetta «depressione psicotica» e cerca di uccidersi non lo fa aperte le virgolette «per sfiducia» o per qualche altra convinzione astratta che il dare e l’avere della vita non sono in pari. E sicuramente non lo fa perché improvvisamente la morte comincia a sembrarle attraente. La persona in cui l’invisibile agonia della Cosa raggiunge un livello insopportabile si ucciderà proprio come una persona intrappolata si butterà da un palazzo in fiamme. Non vi sbagliate sulle persone che si buttano dalle finestre in fiamme. Il loro terrore di cadere da una grande altezza è lo stesso che proveremmo voi o io se ci trovassimo davanti alla stessa finestra per dare un’occhiata al paesaggio; cioè la paura di cadere rimane una costante. Qui la variabile è l’altro terrore, le fiamme del fuoco: quando le fiamme sono vicine, morire per una caduta diventa il meno terribile dei due terrori. Non è il desiderio di buttarsi; è il terrore delle fiamme.
Ultima precisazione: mi sono permesso di dire a @penelope88 che nei suoi comportamenti non ho visto nulla di non etico. Non ho espresso giudizi ne positivi ne negativi. La mia posizione personale su tale comportamento è presente solo in questo commento, ed è opinione personale, che riguarda me stesso e nessun'altro.
Sulla tossicodipendenza ho esperienze personali: continuare a colpevolizzarsi è il miglior modo per morire di overdose, vedere nella droga qualcosa di sbagliato e profondamente violento è il miglior modo di rimanere appeso all'ago. Come avviene nei centri di recupero, il primo passo è di considerare la dipendenza da sostanze stupefacenti come un esternare un disagio più profondo. La droga deve essere vista come opportunità, il cui merito è di renderti cosciente delle tue paure più nascoste.
Ex membro
scusatemi non avevo intenzione di causare polveroni. Mi dispiace. scusate davvero.
Ex membro
Vedere al suicidio come atto stoico è solo una bugia detta verso se stessi. Io non parlo di etica ma di rispetto verso se stessi e gli altri. Di cercare la strada forse più difficile non quella più facile. Per quanto riguarda la droga.... se viene vista come opportunità da un tossico è l'approccio più sbagliato possibile. Nelle comunità di recupero viene vista come un disagio che amplia disagio. Nei tuoi commenti Alessandro vedo molta recriminazione verso genitori colleghi ex fidanzate.... recriminare è la scorciatoia che permette di entrare nella sfera di commiserazione e autolesionismo.... non sono sicuro sia la strada giusta....
Non era mia intenzione creare disagi.
L'atto stoico è vivere... cercando di vedere quel che c'è di buono in genitori colleghi fidanzate...
Ex membro
Abbiamo semplicemente opinioni diverse: non vedo nel togliersi la vita la via più semplice, vedo la droga come sintomo di un malessere non come causa.
Sulla recriminazione ho molti dubbi. Ho espresso opinioni sui miei genitori e su altre persone con molta sofferenza. Credimi: non ho provato piacere ne ho assaporato il gusto della vendetta. Ogni volta che scrivo cerco di essere obiettivo, abbandonando sentimentalismi e astio. Ho più da recriminare me stesso, alcuni miei comportenti ed insicurezze. Mi spiace che tu abbia colto solo un aspetto del mio disagio: la prossima volta proverò a spiegarmi meglio.
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Ex membro
Volevo iniziare questa discussione per motivi ovviamente personali. Sto soffrendo di un forte stato confusionale, soprattutto di carattere emotivo. Passo da momenti di cupa malinconia a momenti di forte esaltazione. Sento intorno a me qualcosa aleggiare. Non so se sia depressone o meno, ma questo dolore mi gira sempre intorno, mettendomi ansia. Mi attacca con grande violenza, per poi ritirarsi e darmi l'illusione che tutto possa finalmente essere passato. Mi trovo prigioniero di un eterno ritorno. Inoltre sono affetto da una forte eccitazione nervosa, la quale mi impedisce di fare fronte allo stress emotivo che subiamo tutti i giorni: è sufficiente la reazione smodata di una persona, o smodata per la mia percezione della cosa, per piombare in mille pensieri e lamentele personali. L'incapacità di saper gestire emozioni mi porta all'isolamento. L'isolamento a sua volta mi porta a parlare molto da solo e a fantasticare sulla mia vita molto più di quanto vorrei. Il tempo che perdo in questa attività immaginifica è enorme, impedendomi di poter svolgere le attività reali che ho in mente. La mia è una qualche forma di procrastinazione.
Qualcuno si riconosce in questa descrizione? E se si, come vive tutto questo? Che possibilità ci sono di guarire?
Grazie, anche per chi solo ha avuto il tempo di leggere queste parole.
Alessandro