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BPCO: nuovi modelli di presa in carico e terapie di associazione per vincere la sfida della mancata aderenza

Pubblicata il 24 lug 2018

BPCO: nuovi modelli di presa in carico e terapie di associazione per vincere la sfida della mancata aderenza

Un paziente su tre con Broncopneumopatia Cronica Ostruttiva (BPCO) non aderisce alla prescrizione medica, complici, tra gli altri, la necessità di assumere quotidianamente più farmaci e la difficoltà ad usare in maniera corretta diversi device (erogatori). L’aderenza resta bassa anche dopo gli episodi di riacutizzazione, con una riduzione della sopravvivenza a cinque anni dal ricovero.

Per superare questa criticità sono auspicabili l’adozione di modelli di presa in carico del paziente che si basano sulla gestione integrata delle strutture cliniche e l’impiego di terapie di associazione, somministrate con un unico inalatore.

Se ne parlerà alla prima edizione di Pneumo Camp, un progetto realizzato con il contributo scientifico di SDA Bocconi e il supporto incondizionato di Chiesi Italia, che riunirà 80 specialisti di malattie respiratorie per fare il punto sullo stato e le nuove frontiere del trattamento della BPCO, e mettere a confronto i diversi modelli organizzativi regionali.

In Italia sono 3,5 milioni le persone che convivono con la BPCO, una patologia respiratoria caratterizzata dalla progressiva riduzione della funzionalità polmonare. Una condizione che “toglie il fiato” e con un notevole impatto sulle capacità del paziente di svolgere le normali attività quotidiane.

“La mancata aderenza resta un problema rilevante per il raggiungimento dell’efficacia terapeutica che, nel corso dei trial clinici, viene valutata considerando una compliance dell’80-90%. La mancata aderenza comporta un peggioramento dello stato di salute del paziente, l’aumento del rischio di riacutizzazioni e un maggior ricorso al ricovero in ospedale”, spiega Fulvio Braido, Professore associato in Malattie Respiratorie, Università degli Studi di Genova. “La strategia farmacologica che si persegue – continua – è quella di garantire l’efficacia terapeutica semplificando i trattamenti, grazie alla possibilità di associare più farmaci in un unico strumento di somministrazione. Il beneficio per i pazienti è un miglior controllo della sintomatologia e la prevenzione delle riacutizzazioni, improvvisi aggravamenti dei sintomi che aumentano il rischio di mortalità”.

Oltre alla gestione della terapia, il paziente con BPCO si confronta con un percorso di cura impegnativo e la necessità di controlli costanti, spesso anche a suo carico. Un passo avanti è stato fatto con i nuovi LEA (Livelli Essenziali di Assistenza), che prevedono l’esenzione dal ticket sugli esami di specialistica ambulatoriale per la prevenzione delle complicanze. Anche il Piano Cronicità sottolinea l’importanza di prevenire le riacutizzazioni e la progressione della malattia attraverso una gestione attiva e continuativa del paziente.

“La parola chiave è appropriatezza, non soltanto terapeutica ma anche organizzativa, cruciale ai fini dell’ottimizzazione del percorso di cura nel lungo periodo e dell’efficientamento nell’utilizzo delle risorse sanitarie”, commenta Pierachille Santus, Professore di Malattie respiratorie all’Università degli studi di Milano e Direttore UOC di Pneumologia, Ospedale Sacco, ASST Fatebenefratelli Sacco di Milano. “In regione Lombardia – continua – la riforma della cronicità dello scorso anno ha introdotto un nuovo modello di presa in carico nella cronicità, basato sulla scelta da parte dell’assistito di un “gestore” e sulla redazione del Piano Assistenziale Individuale, con il quale vengono programmati tutti gli interventi sociosanitari necessari ad un miglior controllo della malattia, garantendo così cure più appropriate e controlli più puntuali. Siamo nella prima fase di implementazione e la buona riuscita dipenderà dalla capacità di coordinamento dei diversi attori che hanno aderito al progetto”.

1 commento


Liviabonaga
il 03/08/18

I MEDICI SI SONO ACCORTI DEL MIO PROBLEMA CO UNA POLISONNOGRAFIA NEL 2000 E DA LI HO COMINCIATO A UCARE IL CI-PAP  LA NOTTE + DIURETICI . NEL 2005 HO AVUTO UN AGGRAVAMENTO E IL PNEUMOLOGO CHE MI HA IN CURA MI HA PRESCRITTO  L'OSSIGENO ,PRIMA GIORNO E NOTTE POI SOLO LA NOTTE + CORTISONICI VARI IN PUF . DOPO 3 ANNI MI HANNO FATTO SOSPENDERE L'OSSIGENO MA LE MIE CONDIZIONI SONO ANDATE AVANTI TRA ALTI E BASSI. QUEST'ANNO IN PARTICOLARE LA MIA CAPACITà RESPIRATIVA è AL 60% SEMPRE ATTACCHI DI TOSSE E POSSIBILITà DI MOVIMENTO SCARSISSIME 

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