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Così l’ottimismo influenza la nostra salute

Pubblicata il 14 dic 2015

Così l’ottimismo influenza la nostra salute

Studio americano su 164 pazienti di circa 62 anni ospedalizzati per sindrome coronarica.

Un problema di salute obbliga spesso a radicali modifiche nella vita delle persone, costrette a smettere di fumare, abbandonare la sedentarietà e prendersi maggiormente cura del proprio stile di vita. C’è chi affronta questi cambiamenti con entusiasmo, a tutto beneficio della salute, e chi invece si scoraggia, trovandoli alquanto difficoltosi. 

Per capire meglio il ruolo di queste condizioni mentali, il professor Jeff C. Huffman del Massachusetts General Hospital e il suo gruppo ha analizzato i dati di 164 pazienti con un’età media di 62 anni, ospedalizzati per sindrome coronarica acuta tra il 2012 e il 2014, metà dei quali al primo episodio.  

Due settimane dopo il ricovero, ai soggetti è stato chiesto di compilare un questionario per misurarne il livello di gratitudine, di ottimismo e di sedentarietà sperimentati nei tempi precedenti. A distanza di sei mesi, i ricercatori hanno misurato quante volte i pazienti erano stati nuovamente ricoverati e li hanno sottoposti all’analisi del sangue alla ricerca di biomarcatori di infiammazione, indice di un maggior rischio di episodi cardiaci futuri.  

I risultati dello studio, pubblicato sulla rivista Circulation: Cardiovascular Quality and Outcomes, mostrano che l’ottimismo può aiutare ad affrontare i cambiamenti e riduce il rischio di ricadere vittima di un disturbo cardiovascolare. I pazienti riammessi in ospedale sono stati 35, quindi il 21% del totale, e 28 hanno avuto gravi problemi di cuore; gli ottimisti avevano un 8% in meno di probabilità di ospedalizzazione e il 6% in meno di rientrare in ospedale per altri problemi.  

Anche guardando all’attività fisica svolta dai pazienti, in media una distanza di 4 chilometri al giorno, gli ottimisti si sono dimostrati più attivi dei loro coetanei meno allegri. Ma quando i ricercatori sono andati alla ricerca della presenza nel sangue di alcune proteine legate all’infiammazione, un fattore di rischio per sindromi coronariche acute, l’ottimismo non è sembrato fare alcuna differenza. Analizzando la gratitudine è emersa un’analoga mancanza di rilevanza quanto ad attività fisica e migliori condizione di salute, in termini di biomarcatori e di riammissioni ospedaliere.  

Rispetto alla gratitudine, l’ottimismo, fanno notare gli autori, è uno stato mentale che «si concentra sulle aspettative future» ed è «più orientato all’azione, dando la sensazione che si può fare qualcosa per raggiungere un obiettivo, cosa che può promuovere cambiamenti positivi nei comportamenti legati alla salute». «Stress e depressione nei pazienti cardiaci sono stati indagati a lungo in cardiologia, ma ... aumentare l’ottimismo può essere altrettanto importante che scacciare la depressione» ha affermato Huffmann, secondo il quale i cardiologi sarebbero già piuttosto consapevoli dell’importanza per il paziente di un messaggio positivo come «questo attacco di cuore può segnare l’inizio di una nuova vita, più attiva e salutare». 

Infatti, questi risultati sull’ottimismo vanno ad aggiungersi alla gran mole di evidenze sull’importanza della componente psicologica nelle patologie cardiache e nel predirne il decorso a distanza di mesi.

LaStampa.it

 

2 commenti


Pietrina Deias
il 28/12/15

l'ottimismo aiuta a guardare i problemi con una finestra aperta alla speranza di trovare qualche soluzione che risolva i problemi,non solo, fa cogliere nella malattia un'opportunità di cambiamento personale.


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Ex membro
il 30/12/15

Ciao Pietrina, grazie per il tuo contributo. Per esperienza personale, condivido quello che dici sul fatto di vedere anche nella malattia un'opportunità di crescita e di cambiamento. Spero che sia stato cosi' anche per te e se ti va di raccontarci come, siamo qui. A presto, Francesco

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