Scegliere la dialisi peritoneale
Pubblicata il 21 feb 2018 • Da Léa Blaszczynski
Scoprite la storia di Annelise Cottenet, segretaria dell'associazione Montagnes d'espoir.
Annelise Cottenet ha uno sguardo gentile e acuto. Ha una risata communicativa che riempie completamente l'aria e la sua allegria è fuori dal comune. Tuttavia il suo percorso sanitario è tanto sconcertante quanto spaventoso.
La storia comincia nel 2009 quando Annelise si fa vaccinare contro l'influenza dal medico generico. Gli dice che ha spesso dei lividi sui polsi e le braccia mentre non sbatte. Il medico le da una prescrizione per un prelievo completo di sangue da fare subito e non aspettare sei mesi come lei faceva al solito. Colpo di fortuna, la mattina dopo, si sveglia presto e, per provare al medico che si sblaglia, fa le analisi del sangue.
Qualche ora dopo, una telefonata: "La aspettiamo domani alla clinica. Prepari le sue cose. Deve essere ricoverata in ospedale". Annelise, che non è preoccupata, si presenta il giorno dopo alle 8:30 senza vestiti di ricambio. " Tutti mi aspettavano, ho trovato questo molto pratico, dice sorridendo. La totalità degli esami è durata soltanto 15 minuti!" La sentenza, invece, è senza appello. "M'hanno detto: Lei è sul punto di morire. Non capiamo come può stare ancore in piedi".
I reni di Annelise sono atrofizzati, misurano 3 e 4 cm (rispetto a circa 11 cm per una persona sana). La giovane donna è ricoverata subito per un bilancio pre-trapianto, la dialisi è istituita in seguito ed è iscritta sulla lista trapianti. "Lo staff è stato meraviglioso. Le infermiere m'hanno accompagnata tanto bene e il medico m'ha detto: "Possiamo darci del tu perché stiamo per passare molto tempo insieme, più tempo con me del marito."
CAPO DELLA BANDA DELLA NEFRO
Annelise inizia una dialisi peritoneale, ciò significa che è "collegata" con un cavo attaccato al peritoneo ogni notte durante undici ore e mezza. "Era la mia scelta. Alcuni sono contro. Non vogliono portare l'ospedale a casa o allora non hanno lo spazio necessario perché sono grandi macchine. E bisogna parlarne con la sua famiglia perché, si porta l'ospedale direttamente nel suo letto!"
All'inizio, Annelise non accetta la sua malattia. Si sente sempre in ottima forma, lavora a tempo pieno finché il suo corpo comincia a cedere. Deve allora lavorare a metà tempo, con difficoltà. "Non volevo essere considerata come malata. Ho preso un'anno per costruire un caso di disabilità. Tutto questo è atterrato dal nulla! Ma ho imparato molto presto. La mia malattia è diventata la mia forza".
Ed è così che Annelise e la sua allegria contagiosa hanno lanciato Montagnes d'espoir con Emmanuel Gastaud. "Sono qualcuno a cui piace il contatto umano, lei confessa. Tento di apportare il mio sostegno nei gruppi Facebook, ma piuttosto in via ufficiosa. Mando messaggi privati, chiamo, viaggio".
All'ospedale universitario di Dijon dove ha creato la sua "banda della nefro", incontra i nuovi pazienti e le loro famiglie per rassicurarli. Fa dei corsi di aggiornamento per le infermiere della rianimazione. Ogni tanto, incontra le famiglie dei donatori deceduti. "È uno scambio molto prezioso per loro. Ed è un'esperienza molto commovente per me. Non era facile all'inizio e alcuni trapiantati non sono in grado di farlo". Annelise anima un blog e una pagina Facebook nella quale racconta la sua vita quotidiana. Tanto per occuparsi...
Scoprire il percorso di Annelise Cottenet sul suo blog e su Facebook.
Scoprite Montagnes d'espoir e l'articolo che abbiamo dedicato all'associazione.
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