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Storie e riflessioni
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EUREKA
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EUREKA
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Le 2 Anfore
Ogni giorno, un contadino portava l'acqua dalla sorgente al villaggio in due grosse anfore che legava sulla groppa del suo asino. Una delle 2 anfore era vecchia e piena di fessure e durante il viaggio, perdeva acqua.
L'altra era nuova e perfetta, conservava tutto il contenuto senza perderne neppure una goccia.
L'anfora vecchia e screpolata si sentiva umiliata e inutile, tanto più che l'anfora nuova non perdeva l'occasione di far notare la sua perfezione:
Anfora Nuova : "Non perdo neanche una goccia d'acqua, io!".
Un mattino, la vecchia anfora si confido con il padrone:
"Lo sai, sono cosciente dei miei limiti. Sprechi tempo, fatica e soldi per colpa mia. Quando arriviamo al villaggio io sono mezza vuota. Perdona la mia debolezza e le mie ferite".
Il giorno dopo, durante il viaggio, il padrone si rivolse all'anfora vecchia e screpolata e le disse:
"Guarda il bordo della strada".
"Ma e bellissimo! Tutto pieno di fiori!" rispose l'anfora vecchia e screpolata "
"Hai visto? E tutto questo solo grazie a te"disse il padrone.
"Sei tu che ogni giorno innaffi il bordo della strada. Io ho comprato un pacchetto di semi di fiori e li ho seminati lungo la strada, e senza saperlo e senza volerlo, tu li innaffi ogni giorno".
La vecchia anfora non lo disse mai a nessuno, ma quel giorno si senti morire di gioia.
Morale :
Siamo tutti pieni di ferite e screpolature, ma se lo vogliamo, possiamo fare meraviglie con le nostre imperfezioni...
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IL FALCO CHE NON POTEVA VOLARE
Un Re ricevette in regalo due piccoli falchi e li consegnò al maestro falconiere per la loro formazione.
Dopo pochi mesi, il falconiere istruttore disse al Re che uno dei falchi era stato educato perfettamente, ma non sapeva cosa stesse accadendo all’altro falco.
Da quando era arrivato al palazzo non si era mosso dal ramo su cui stava, al punto che gli doveva portare il cibo lui stesso.
Il Re convocò guaritori e maghi ma nessuno riuscì a fare volare il piccolo falco. Quindi emise un editto tra i suoi sudditi per trovare qualcuno che potesse fare il miracolo.
La mattina seguente, il Re sorpreso vide, il piccolo falco che volava nei suoi giardini.
– Portatemi il responsabile di questo miracolo – disse il Re.
Davanti al Re comparve un contadino.
e il Re gli chiese: – Come sei riuscito a far volare il falco? Cosa sei, un mago?
il contadino rispose : – Non è stato difficile mio signore- ha spiegato l’uomo – Ho semplicemente tagliato il ramo su cui stava. Solo allora l’uccello si è reso conto che aveva le ali e ha spiccato il volo.
Riflessione
A volte le esperienze della vita, i dolori, i traumi, le fatiche, ci fanno rimanere appesi al nostro ramo.
Immobili. Impauriti nel fare qualsiasi mossa. Finché...
qualcosa non sblocca quella situazione e noi ci rendiamo conto di avere una forza e delle risorse incredibili!
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Le QUATTRO STAGIONI
Un uomo aveva 4 figli. e Voleva che imparassero a non giudicare le cose troppo velocemente.
Così li mandò uno alla volta ad osservare un albero molto distante da casa.
Il più grande andò in inverno, il secondo in primavera, il terzo in estate, il più giovane in autunno.
Quando tutti furono tornati chiese loro cosa avessero visto.
Il grande disse che l’albero era brutto, spoglio e ricurvo.
Il secondo disse che era pieno di gemme e promesse di vita.
Il terzo non era d’accordo; l’albero era pieno di fiori, profumato e bellissimo… ed era la cosa più bella che avesse mai visto.
Il più piccolo aveva un’opinione ancora diversa, l’albero era carico di frutti e pieno di vita e realizzazione.
L’uomo spiegò ai suoi figli che tutti avevano ragione, infatti avevano osservato solo una stagione della vita dell’albero.
Disse loro di non giudicare un albero o una persona solo in una stagione...... ma dall’essenza di ciò che una persona è!
La gioia, l’amore, la realizzazione che viene dalla vita possono essere misurate solo alla fine, quando tutte le stagioni sono complete.
Se ti arrendi quando è inverno, perderai la speranza che regala la primavera, la bellezza della tua estate, la realizzazione del tuo autunno!!!
Non lasciare che il dolore di una stagione distrugga la gioia di ciò che verrà dopo.
Non giudicare la tua vita in una stagione difficile.
Persevera nelle difficoltà… Il meglio deve ancora venire!
CONSIDERAZIONI PERSONALI:
Molto bella e significativa questa parabola, ricca di insegnamenti e lezioni di vita.
In essa sono rappresentate le stagioni della vita con le loro caratteristiche.
Dobbiamo iniziare ad amare ogni stagione per quello che ci dona e per quelli che sono i suoi frutti.
Molto spesso le persone vogliono raccogliere i frutti in inverno e questo non è possibile oltre ad essere contro natura.
Ad ogni stagione il suo, ad ogni periodo della nostra vita le sue espressioni
– siamo esseri in divenire e il nostro cammino passa attraverso diverse tappe.
Nessuna tappa è migliore o peggiore di un’altra, è soltanto diversa,
sta a noi coglierne l’essenza ed assaporarne i suoi frutti.
Inoltre, come la parabola ci induce a comprendere, non possiamo giudicare noi stessi o gli altri da una sola stagione o periodo della vita.
Gli alti e i bassi vanno assemblati e come i colori vanno mescolati;
solo così, alla fine, potremo avere un quadro ben preciso dell’esistenza.
Periodi caratterizzati da alte vibrazioni positive si alternano a periodi di vibrazioni più basse.
E’ questo il nostro manifestarsi nella vita in questo transito terreno.
Conclusione :
Impariamo ad accogliere le diversità nella nostra vita ed in quella degli altri.
Solo così, alla fine, quando calerà il sipario, potremo dire di aver vissuto e non solo esistito.
By Eureka !
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SOGNO O REALTÀ ?
Un giorno, il sogno e la realtà si incontrarono per strada.
Si guardarono a lungo e poi esclamarono insieme:
“Non ci assomigliamo per niente, com’è allora che l’uomo ci confonde così facilmente?”
Due che facevano lo stesso cammino si intromisero nel discorso:
“La colpa, o il merito..... è nostro!”
“Chi siete?” domandarono il sogno e la realtà.
“Siamo il dolore e il piacere.
Avete mai visto un uomo che concepisca un sogno fatto di dolore, oppure uno che miri a una realtà priva di qualche piacere?”
“Mai!” assentirono il sogno e la realtà.
“Ed io,” intervenne a questo punto una voce squillante “non sono forse la molla che sostiene ogni sogno?”
Tutti si chiesero chi parlasse così… “Sono la speranza!” rispose la voce.
A questo punto si udì un’altra voce, robusta e pastosa:
“Ma senza di me, che sono il coraggio, mai nessun uomo riuscirebbe a trasformare un sogno… in realtà.”
“A meno che non intervenga io,” interloquì un’altra voce ancora “trasformando il sogno e modificando la realtà!”
Il sogno, la realtà, il dolore, il piacere, la speranza e il coraggio riconobbero subito quella parlata in falsetto: era l’illusione.
“Che stolti,” mormorò fra sé qualcuno che non volle intervenire alla diatriba “non sanno che, per merito mio, il sogno è la realtà e la realtà è il sogno.”
Non pronunciò ad alta voce queste parole perché, pur essendo la verità, nessuno le avrebbe creduto…
CONSIDERAZIONI PERSONALI:
Sembra una storiella strampalata, qualcuno, leggendola in maniera superficiale, storcerà il naso, qualche altro farà un mezzo sorriso ironico, e altri, leggendo oltre le righe e cogliendone il significato interiore, troveranno in essa molti insegnamenti simbolici.
Il Sogno o la Realtà? Ma qual’ è il sogno e qual’ è la Realtà?
Sognando si vive la Realtà o vivendo la Realtà si Sogna?
Belle domande non credete?
Il Cappellaio Matto di Alice diceva:
“ Insegui il tuo Sogno, anche se dovessi arrampicarti fino al cielo, e se non lo raggiungerai, almeno avrai volato”.
E poi aggiungeva: “Senza Sogni diventi come tutti”.
Ecco, sta proprio qui l’amara Verità “come tutti”.
Si perché sono in pochi a vivere nel Sogno, la maggioranza vive nella “sua” realtà, da egli stesso creata e come tale molto spesso pregna di sofferenze e difficoltà.
Perché la “realtà” creata dai pensieri umani non è mai in armonia con la Realtà Divina che si cela nel Sogno…
Quelli che storcono il naso potrebbero dire: “tutte fantasie di un matto”…
Evviva risponderei io…che complimento…
Il Matto è colui che vede cose che la gente normale non vede…quindi….
vediamo cosa ne pensa la scienza per la tranquillità di chi non vede oltre il proprio naso:
“La realtà è una illusione molto persistente.”
A. Einstein “Fin dalla più remota antichità una frangia culturale trasversale – spaziante dalla fisica alla spiritualità, alla matematica, alla filosofia – asserisce che la realtà in cui viviamo sarebbe solo un’illusione.
Teorie affascinanti ma non dimostrabili, che per lungo tempo hanno occupato nicchia nell’immaginario collettivo occidentale, fino al giorno in cui alcuni scienziati le hanno esaminate sotto una nuova luce, quella della fisica quantistica.
Secondo quanto asserito da alcune stupefacenti sperimentazioni – infatti – ciò che percepiamo come materiale, tangibilmente reale – comprese le nostre stesse persone – potrebbe essere il frutto illusorio della interazione della ‘coscienza’ con una infinita serie di impulsi lumino-elettrici-informatici i quali si manifesterebbero in un ambiente ignoto, forse neutro come il programma ‘struttura’ del film Matrix. Un ambiente che – in ultima analisi – potrebbe esistere solo all’interno della coscienza, o coincidere con essa.”
Ragazzi anche la scienza è dalla nostra parte…evviva…
By Eureka !
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virgui
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virgui
Ultima attività il 16/03/21 alle 14:03
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@EUREKA molto belle tutte lo sono grazie di averle condivise
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virginia
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La Malattia Misteriosa
In un villaggio viveva una ragazza che aveva lunghi capelli e occhi come le stelle.
Un giorno fu colpita da una malattia misteriosa che lentamente fece spegnere le stelle nei suoi occhi e la trascinò in un sonno simile alla morte.
Nei rari momenti di lucidità invocava la primavera e chiedeva di vedere i fiori del giardino.
Ma era inverno e il giardino era ingiallito e le piante erano tutte secche.
I suoi genitori chiesero aiuto ai medici, ma nessuno seppe capire quella strana malattia.
Fu sentita anche la maga del villaggio: che disse che la fanciulla sarebbe guarita solo se avesse visto i fiori della primavera.
La disperazione scese allora in quella casa perché tutti erano convinti che ..... la fanciulla non sarebbe vissuta sino alla nuova stagione.
Venne a conoscenza della storia un vecchio pittore; Lui era povero e dormiva in una barca . Quella stessa notte si recò nel piccolo giardino che stava davanti alla finestra della fanciulla.
Faceva molto freddo, ma non se ne curava e per tutta la notte, con le mani ghiacciate dal freddo, dipinse fiori bellissimi sul muro di cinta: e per incanto nel giardino era fiorita la "primavera".
Al mattino, quando la fanciulla, in uno dei suoi rari momenti di lucidità, aprì gli occhi e vide i fiori dipinti dal generoso pittore, il suo viso si illuminò di gioia.
Da quel giorno incominciò a star meglio e guarì, mentre del vecchio pittore non si seppe più nulla.
Lo cercarono tra le onde e sulla riva del mare, ma lui dormiva per sempre nella sua barca dove era morto di gelo!
Considerazioni personali:
La generosità, valore dell’Anima, non si misura da quello che si ha o da come si appare, ma di quanto si è disposti a dare nei momenti in cui si ha la certezza di non poter ricevere nulla in cambio oltre la gratitudine.
A volte per essere generosi non occorrono migliaia di euro ma spesso basta solo un sorriso , una gentilezza, una disponibilità data dal nostro cuore per far felice qualcuno e farlo sentire amato, così che non si senta mai solo.
Molto spesso si tende a dare il superfluo, tutto ciò del quale possiamo fare a meno. Ma questa è una generosità che ( sempre meglio dell’avarizia) non ha lo stesso peso specifico del dare a prescindere…Date e vi sarà dato moltiplicato, amava dire un grande Essere circa 2000 anni fa.
La stima da parte della gente, per esempio, può essere un ambìto tornaconto, così come l’accresciuto apprezzamento di chi ci è vicino: anche quello è tornaconto.
Se dono cifre di rilievo o oggetti di valore ( sempre che li possieda…) e lo strombazzo ai quattro venti non posso certo essere definito generoso: sto solo tentando di guadagnarmi maggiore stima, di apparire migliore di quanto non sono.
Se faccio doni a chi mi è vicino ma lo faccio nell’intento di avere qualcosa in cambio, anche solo la sua riconoscenza o la sua aumentata confidenza, sto mirando a un tornaconto e nemmeno in questo caso posso essere definito generoso.
Si può dunque definire generoso chi si prodiga per il bene degli altri senza avere in mente, in nessun modo, l’obiettivo del tornaconto.
Ognuno ne tragga gli spunti di riflessione che più preferisce…
By Eureka !
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LA BILANCIA
Un uomo gravemente ammalato fu accolto in una comunità e messo in una grande stanza insieme a molti altri ammalati.
Ma poco dopo essere deposto sul suo giaciglio, chiamò a gran voce il superiore.
“In che luogo mi avete portato?” protestò “Le persone che ho intorno ridono e scherzano come bambini!
Non sono certe ammalate come me!”
“A dire la verità lo sono molto più di lei!” rispose il superiore “Ma hanno scoperto un segreto, che oggi pochissimi conoscono o in cui, pur conoscendo, non credono più.”
“Quale segreto?” domandò l’uomo.
“Questo!” rispose un anziano dal letto confinante.
Estrasse dal comodino una piccola bilancia, prese un sassolino e lo depose su un piatto; subito l’altro si alzò.
“Che stai facendo?” chiese l’uomo.
“Ti sto mostrando il segreto!
Questa bilancia rappresenta il legame che esiste fra uomo e uomo.
Il sassolino è il tuo dolore che ora ti abbatte.
Ma mentre abbatte te, solleva l’altro piatto della bilancia permettendo ad un altro di gioire.
Gioia e dolore si tengono sempre per mano.
Ma bisogna che il dolore sia offerto, non tenuto per sé; allora fa diventare come bambini e fa fiorire il sorriso anche in punto di morte.”
“Nessuna scienza giustifica quello che tu dici!” fu la riflessione dell’uomo.
“Appunto per questo c’è in giro tanto dolore vissuto con amarezza.
Qui non è questione di scienza ma di fede.
Perché non entri anche tu nella bilancia dell’amore?”
L’uomo accettò la strana proposta.
E fu così che quando guarito, rivisse istanti di gioia, non poté non pensare alla sofferenza degli altri.
E si sentì legato agli uomini di tutto il mondo da un sottile filo d’oro.
CONSIDERAZIONI PERSONALI:
Se condividi la sofferenza essa si dimezza, se condividi la gioia essa si raddoppia.
Nei villaggi dell’India del sud ( dove la spiritualità è rimasta incontaminata) quando una persona è in difficoltà ( di qualsiasi genere), c’è l’intero villaggio pronto ad aiutarla. Per ognuno è così e nessuno si sente mai solo.Da noi la realtà è molto diversa. Nel migliore dei casi, se sei in difficoltà, c’è indifferenza (tranne da parte di quei pochi parenti o amici stretti…e non sempre). Nel peggiore dei casi c’è compiacimento o addirittura peggioramento della situazione.
Poveri stolti…non sanno che ciò che fanno agli altri alla fine gli ritorna…sia nel bene che nel male.
Siamo interconnessi e nulla si perde…ogni nostra azione, parola o pensiero. Tutto ciò rappresenta la nostra semina che domani si trasformerà nel nostro raccolto del quale, inevitabilmente, ci ciberemo.
Anche la scienza quantistica ha dimostrato questo dato di fatto: “… tutto ciò che può influenzare una particella, influenzerà anche l’altra ad essa collegata, anche se sono separate nello spazio. Ciò implica che anche tutti noi, che
siamo fatti di particelle, siamo implicitamente interconnessi gli
uni agli altri a livello spazio temporale. Quello che facciamo agli
altri, lo facciamo a noi stessi.
Pensate alle implicazioni di questa teoria. In più, se la accetti dovrai anche concordare sull’assunto che l’“Io” esistente in un probabile futuro è già connesso con l’“Io” che esiste ora, in una dimensione governata dal tempo e dallo spazio…”
Ora sta a noi la scelta…come sempre abbiamo il libero arbitrio…tenendo però sempre presente un dato inconfutabile: “La semina è libera ma il raccolto è obbligatorio”.
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La Quercia
La quercia da sempre è il simbolo della forza.
Essa si erge maestosa e potente tra il verde dei prati, innalza le fronde verso il cielo con forza e determinazione e domina incontrastata su tutto il paesaggio che la circonda
.
Nemmeno l’inverno è in grado di sottometterla:
la quercia a differenza degli altri alberi non si denuda, non cede mai il suo fogliame al signore del gelo, ma conserva sempre la sua dignità, soprattutto di fronte alle intemperie.
Fiera e composta, essa è signora degli alberi e padrona di se medesima, ostello misericordioso per i piccoli roditori e gli uccelli, nido di sapienza e di esperienza, roccaforte inespugnabile e grandiosa, torre imperturbabile e quasi eterna…
Ma, nonostante questo, la quercia talvolta pecca di superbia e il suo orgoglio e la sua fierezza spesso possono rivelarsi fatali.
E, così, nelle giornate in cui infuria la tempesta, la grande quercia si ostina a sfidare il vento violento e brutale.
Non si abbassa, ma conserva il suo fiero comportamento anche di fronte al vento più crudele e impetuoso.
Consapevole e orgogliosa della propria potenza, non si piega e ostenta un’incrollabile fermezza.
Ma, nonostante questo, nonostante la sua esasperata ostinazione, non riesce a resistere alla furia del vento, il quale senza alcuna pietà la spezza.
Così la quercia cade a terra, spezzata in due, distrutta dalla sua stessa arroganza. In fin di vita si guarda intorno per osservare per l’ultima volta quella che è sempre stata la sua terra, il luogo dove essa stessa ha mostrato a tutti la sua incredibile forza.
Ed è in tale momento che la bellissima quercia scorge un timido e insignificante giunco.
Lo guarda attentamente stupendosi di trovarlo ancora lì, ancorato al suolo, nonostante la brutalità del vento.
In un primo momento non riesce a spiegarsi un fatto tanto assurdo:
il giunco ha ancora le sue radici, mentre lei, la signora degli alberi, si trova in fin di vita e, perdipiù, con una buona parte del suo corpo distesa al suolo, spezzata dalla bufera.
Ed è allora che la quercia comprende.
Il giunco è salvo per il semplice, ma pur sempre straordinario fatto, che, a differenza di lei, ha saputo piegarsi alla follia del vento, torcendo l’esile corpicino e avvicinandolo al suolo.
Umile e consapevole dei propri limiti, il giunco ha saputo saggiamente piegarsi e il vento l’ha risparmiato.
Superba e altera, la quercia ha voluto dimostrare la sua forza e il vento l’ha punita.
Fissando il giunco, la quercia prova dolore e il suo viso s’inumidisce.
Che siano lacrime o rugiada la quercia lo sa bene, ma preferisce non pensarci.
Essa si spegne e abbandonando questo mondo comprende finalmente il significato della sua esistenza e il senso del suo patetico destino.
Infine nella sua mente prende consistenza una domanda, di cui la quercia conosce bene la risposta:
nei giorni di tempesta chi è il più forte tra la quercia e il giunco?
CONSIDERAZIONI PERSONALI:
Il Maestro Battiato, nella sua grande saggezza, ha scritto un testo bellissimo che tratta l’argomento.
Il titolo è : “Caliti junku” ( piegati giunco )
Oltre a suggerirvi di ascoltarlo vi riporto un brano molto significativo tratto dal testo menzionato:
“Per aspera ad Astra, le asperità conducono alle Stelle.
Un antico detto, cinese o tibetano, forse arabo-siciliano, dice così:
Caliti junku ‘ca passa la China, caliti junku, da sira ‘a matina…”
Bellissimo, molto profondo e tanto esaustivo.
Tradotto significa: “ Piegati giunco che arriva la piena ( del fiume) , piegati giunco dalla sera alla mattina”
Che grande saggezza la natura…
In effetti, solo quando ci lasceremo portare dal flusso della vita senza opporre resistenza, potremo entrare in sintonia con i ritmi dell’Universo.
Altrimenti saremo come il piccolo cinesino che con una misera barchetta si ostinava a remare contro la corrente del fiume…inevitabilmente fu sopraffatto e annegò.
I risultati migliori nella nostra vita li otterremo solo quando ci impegneremo a rispondere nel modo migliore agli eventi che essa ci propone.
I peggiori invece li otterremo quando forzatamente cercheremo di modificarli.
Io ho già sperimentato sulla mia persona e posso assicurarvi che è così.
Ma voi non credetemi sulla parola…sperimentate.
Ma per fluire, per calarsi come il junko è essenziale sviluppare alcune qualità che sono già presenti in ogni essere umano ma spesso sepolte sotto quintali di immondizia mentale: la pazienza, la calma, la gratitudine, la forza e la fiducia.
Inevitabilmente, ad un certo punto della vita, sarebbe opportuno e necessario eliminare alcune zavorre mentali; per alcuni ciò comporta cambiamenti difficili da accettare e si tende verso la staticità; ma poi interviene la Vita, nostra Grande Maestra, che saggia com’è, opera grandi rivoluzioni, “indirizzandoci” verso l’accettazione ed il fluire.
Il mio suggerimento è di non aspettare che intervenga la Vita…
Libero arbitrio
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Le Ombre
C’era una volta uno strano piccolo paese addossato ad una montagna altissima. Un paesino per tanti aspetti come tutti, ma a renderlo unico nel suo genere era il fatto che gli abitanti, sindaco in testa, erano assillati da un problema che poteva sembrare ridicolo, eppure era reale e praticamente irrisolvibile: eliminare le ombre!
Come fossero arrivati a farsi un problema delle ombre, non si sa: ne succedono tante nel mondo!
Fatto sta che la cosa era diventata tanto preoccupante che tutti ne erano ossessionati.
Le ombre erano onnipresenti, di tutte le dimensioni!
Si fece persino un museo delle ombre, con dipinti e fotografie; si allestì anche una biblioteca.
Furono chiamati oratori famosi e grandi studiosi per analizzare il più profondamente possibile la grave situazione.
In concreto non si arrivò a nessuna conclusione pratica, a parte qualche tentativo, rivelatosi inutile, come quello di organizzare un gruppetto di pittori che, con pennelli e un secchio di calce pronti, dovevano eliminare le ombre con una mano di bianco.
Era veramente ridicolo vedere per il paese questi onnipresenti pittori alle prese con l’ombra di tutti.
Dove sorgeva un’ombra nuova si precipitavano e tutte le case e le mura erano ormai imbiancate.
Figurarsi quando arrivava uno straniero, era lavoro doppio!
Gli abitanti infatti da tempo, durante il giorno, per non creare nuove ombre rimanevano tappati in casa!
Alcuni poi cercarono, presi dalla mania collettiva, di risolvere il problema per conto proprio: un vecchietto, per esempio, ogni mattina quando le ombre erano più lunghe, si affannava, spalle al sole, con un grosso piccone a distruggere la propria ombra.
Ma tutto era inutile: l’ombra era una realtà indistruttibile!
Il peggio fu che, poco a poco, ogni altro problema vero fu lasciato da parte e il paese cadde nel più completo abbandono.
Nessuno più veniva ad abitarvi e tutti si guardavano bene dal prendere iniziative che creassero nuove ombre.
Solo verso sera il paese sembrava entrare nella normalità.
Era quando la grande ombra della montagna scendeva e ricopriva tutto.
Non c’erano più ombre perché c’era un’unica grande ombra, che sembrava estesa quanto il cielo.
Allora il paese si rianimava. I pittori prendevano un po’ di fiato e di riposo.
Ma presto, con il calare della notte, tutto si immergeva nel silenzio e non si accendevano luci perché esse creavano ombre ancora più fastidiose, per cui in breve tutti si mettevano a letto, pensando al guaio grande di vivere in un paese zeppo di ombre.
Un giorno passò di là un poveraccio, saggio della saggezza di chi aveva camminato tutta una vita e ne aveva visto di tutti i colori in giro per il mondo.
Egli, al vedere quanto succedeva in quel paese, in un primo momento non seppe contenersi dalle risa: si divertiva soprattutto a far correre i pittori nei punti più svariati del paese, erigendo di nascosto cartelli e sagome varie per creare ombre improvvise, sempre nuove e strane.
Il gioco non durò a lungo. Egli fu fermato e ammonito: non si poteva scherzare sui problemi seri, su sforzi estenuanti di anni di ricerca e di tentativi.
Sulle prime il nostro forestiero fu tentato di andarsene. Però quella gente gli faceva pena: era sorta in lui una strana curiosità, un interesse che per la prima volta lo teneva bloccato nel suo vagabondare.
Man mano che passavano i giorni, il problema dell’ombra diventò anche per lui un’ossessione. E fu proprio per scrollarsi di dosso questo incubo che un giorno si inerpicò tutto solo fin sulla vetta della montagna e di lassù vide il paesino illuminato dal sole, in tutta la sua pittoresca realtà.
Altro che ombre! E’ il paese che esiste!
Il paese da lassù era un paese di case, di alberi, di persone che con la luce si rivelano. Non era per niente un paese di ombre!
Aveva capito ciò in cui profondamente aveva sempre creduto in fondo al suo cuore e che gli abitanti di quel paese avevano, presi da una strana follia, dimenticato.
Scese di corsa e tutto trafelato andò dal sindaco e gli espose la sua intuizione, ma fu accolto con un sorriso ironico: in un paese di pazzi il savio passa per matto.
“Sole o non sole, cose o non cose,” gli disse il sindaco “le ombre ci sono e questo è il nostro concreto. Le ombre sono terribilmente ovunque e questo è evidente. Tentare di risolvere il problema è il compito più importante che ci siamo assunti; in fondo è fare un servizio alla luce!”
Ormai si era prodotta una così grande distorsione mentale che si pensava alla luce in termini di ombra, come se si volesse decidere di fare il bene solamente cercando di eliminare il male.
Anche il parroco con le sue benedizioni non riusciva ad allontanare le ombre…
Il pover’uomo tornò alla sua capanna in fondo al paese un po’ meravigliato e un po’ sconsolato. Però si sentiva come guarito da una malattia. Non guardava più le ombre, anzi ricominciò a fare quello che aveva sempre fatto, ma ora con una grande gioia interiore: accarezzava con lo sguardo tutte le cose che la luce rivelava. Tutto era bello, nuovo, sembrava nascere allora.
Anche le ombre erano a loro modo belle perché contribuivano a delineare sempre meglio i contorni delle cose.
Non frequentò più il paese, anche perché quei poveri pittori, guardiani dell’ombra, un’istituzione benemerita, gli facevano pena.
Camminava solo per le strade dei prati o per i sentieri del monte.
Se parlava con qualcuno era per rivolgersi ai piccoli, perché i bambini credono a tutti.
Anzi ne aveva sempre intorno qualcuno che lo ascoltava nel suo raccontare di tante cose e nel dire soprattutto che le cose sono belle per quello che sono; che le ombre ci sono perché ci sono le case illuminate e che la luce è l’unica cosa bella perché ci fa vedere il volto delle persone, altro che l’ossessione di quel paese, dove si riconoscevano per l’ombra anziché per il volto!
I bambini che sono semplici e non capiscono i discorsi e i problemi dei grandi, tanto meno il problema delle ombre, crebbero con spontaneità e diventarono giovani un po’ contestatori, perché non badavano più alle ombre e si davano da fare per rinnovare il paese.
Gli anziani restarono sconcertati: “Come si fa a ragionare con questa gioventù con idee così diverse!” si confidavano con amarezza e anche con segreta curiosità; e diffidavano chiunque dall’incontrare il forestiero.
Ma ormai il sortilegio era rotto. A poco a poco il contagio dell’ombra passò.
Tutti cominciarono a guardare le cose per quello che erano e anche il paese delle ombre diventò un paese normale, il paese della realtà come tutti i paesi del mondo.
Il povero saggio da tempo si era rimesso in viaggio.
Il paese era guarito, e a lui era rimasta nel cuore una nuova profonda saggezza: quando vedeva la sua ombra che fedelissima lo accompagnava, pensava al paese delle ombre e sorrideva dicendo tra sé:
“Se si guarda solo l’ombra, il male, non si vive più!
L’ombra e anche il male sono per la luce, per la vita, per il bene!” e dava un calcio alla propria ombra, un calcio all’aria, contento di vivere nella realtà.
CONSIDERAZIONI PERSONALI:
Questa più che una storia è una parabola, ricca di metafore, simbolismi e insegnamenti esoterici.
Chi la trova sciocca e puerile non legga le mie considerazioni, sarebbe tempo perso inutilmente.
L’Ombra…la nostra zona d’ombra, il nostro lato oscuro, la parte negativa che nessuno vorrebbe avere…ma che tutti abbiamo.
Eppure, senza quella parte, nulla avrebbe senso.
Se lanciassi una pallina d’oro su di un piano d’orato liscio e splendente, senza l’ombra neppure la noterei.
L’ombra è sempre necessaria per veder risplendere la Luce!
Senza il nostro lato ombra non faremmo quelle esperienze negative che poi ci portano ad imparare la lezione ed andare avanti con un po’ di saggezza in più ( per molti questo è necessario, ma non per tutti)
Gli abitanti del paese volevano in tutti i modi eliminare il loro lato ombra; ma l’unico risultato era un’inutile perdita di tempo e di energie. Solo quando hanno imparato a conviverci ed alcuni ad amarla, la loro vita è iniziata a scorrere serena, tranquilla ed in perfetta sintonia con il programma evolutivo.
Ognuno ha il proprio lato ombra, di diverse dimensioni e di diverso spessore in relazione al suo stile di vita e agli atteggiamenti abituali.
Possiamo frequentare seminari, corsi e ricorsi, convegni e congressi ( tutti gli stratagemmi escogitati dagli abitanti del paese) ma se non impariamo a riconoscere, accettare ed infine amare il nostro lato oscuro per ciò che rappresenta nel nostro percorso evolutivo, non faremo altro che sprecare il nostro tempo e denaro. Nessuno può darci la bacchetta magica e meno male, aggiungo io.
Il Saggio forestiero non fece altro che vedere le cose da un altro punto di vista, molto più elevato e tutto assunse un aspetto completamente diverso.
La condanna , il giudizio e la critica del nostro lato ombra ( ma anche di quello degli altri) non è altro che vedere le cose da un punto di vista separativo, di bene e di male, di punizione e di peccati, così come ci è stato tramandato ed inculcato da una chiesa bigotta e bacchettona ancorata sul potere temporale nell’arco dei secoli.
I nostri giovani (non tutti) come quelli della storia, iniziano a cambiare ottica finalmente. Qui chiaramente, sono intesi i giovani dentro e non quelli che lo sono solo all’anagrafe. Non è questione di età anagrafica ma di età evolutiva.
Ed i vecchi (non tutti) intesi anche qui dal punto di vista evolutivo, cercano di ostacolare il cambiamento ormai radicato nelle loro personalità e difficile da modificare ( lato ombra di gigantesca Egregore).
Ma l’evoluzione va avanti e l’ombra come la luce iniziano ad integrarsi nella vita di molti attraverso quotidiani lavori interiori e meditazioni.
E il bello deve ancora venire…. Ma questa è un’altra storia…
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La pietra e la Sabbia
Due amici decisero di intraprendere un viaggio insieme.
Un giorno, durante il viaggio, cominciarono a discutere, ed uno dei due diede uno schiaffo all’altro, questi addolorato, ma senza dire nulla, scrisse nella sabbia:
“il mio migliore amico oggi mi ha dato uno schiaffo”.
Continuarono a camminare, finché trovarono un’oasi, dove decisero di fare un bagno.
L’amico che era stato schiaffeggiato rischiò di affogare, ma il suo amico lo salvò.
Dopo che si fu ripreso, scrisse su una pietra:
“il mio migliore amico oggi mi ha salvato la vita”.
L’amico che aveva dato lo schiaffo e aveva salvato il suo migliore amico domandò:
“Quando ti ho ferito hai scritto nella sabbia, e adesso lo fai su una pietra. Perché?”
L’altro amico rispose:
“Quando qualcuno ci ferisce dobbiamo scriverlo nella sabbia, dove i venti del perdono possano cancellarlo.
Ma quando qualcuno fa qualcosa di buono per noi, dobbiamo inciderlo nella pietra, dove nessun vento possa cancellarlo.”
CONSIDERAZIONI PERSONALI:
Impara a scrivere le tue ferite nella sabbia ed ad incidere nella pietra le tue gioie. Ricorda la Sabbia e la Pietra.
Il perdono è la panacea di tutti i mali. Continuare a rimuginare sui torti subiti, provare astio e rancore per chi ce li ha procurati, non fa altro che farci rivivere la stessa situazione provando le stesse emozioni negative che alla lunga ci porteranno ad ammalarci, anche gravemente.
Quindi perdonare, in primo luogo, fa tanto bene a noi stessi e ci libera da fardelli ingombranti che rallentano il nostro percorso sul Sentiero della Consapevolezza.
Gautama il Buddha, il Risvegliato , amava dire:
““L’integrità è la più alta tra le virtù: il PERDONO è la più grande tra le forze. La conoscenza del Sé è la Suprema Conoscenza e la Verità è la migliore disciplina.”
Si, perché per perdonare ( intendo il vero perdono, quello che nasce dal cuore e non quello inutile e ipocrita che nasce dalla bocca) ci vuole molta forza specialmente quando il torto subito è di proporzioni smisurate.
In questa storiella però, oltre al perdono, viene evidenziato un altro pilastro di vita: la Gratitudine.
Si, gratitudine verso coloro che ci hanno fatto del bene. L’amico del racconto scrisse sulla pietra l’azione amorevole di colui che gli salvò la vita.
La Gratitudine porta sempre alla riconoscenza ed alza enormemente le nostre vibrazioni interiori. Inoltre attrae altre situazioni delle quali essere grati. Sappiamo bene che la vita è come un eco, ci rimanda sempre le stesse cose che abbiamo inviato.
Quindi, per riassumere la sabbia e la pietra, due sono le parole che comprese e consapevolizzate, possono portare dei cambiamenti significativi nella nostra vita : PERDONO e GRATITUDINE.
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Amico
Qui vorrei Raccontare qualche Storia, o Riflessioni sia Metaforiche, Mistiche, di Fantasia , di allusioni, D'Azione, di Umanità', di soledarietà o spirituali etc.. etc.. che servono come spunto nella Vita magari per farci riflettere o ragionarci sopra o altro. Un Pensiero carino per Passare del tempo e per svagare, Liberare la Mente occupata in modo da non pensare sempre le solite cose. Alcune saranno storie o racconti inventati ma lo scopo è farci Riflettere anche solo come comportamento oppure valutare come ci saremmo comportati noi al posto dei partecipanti del racconto ovvio. Le storie sono prese dal Web, dai vari Social o dalle Email Personali, e da Varie iscrizioni via Web. Sè avete delle storie carine , importanti, significative o da inventare di qualsiasi genere da raccontare questo è il posto Giusto per Svagarvi.
Buna Permanenza .... --->> By Eureka!