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Chiedo informazioni su depressione ed ansia
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Andare all'ultimo commentoEx membro
Si può riprendere a vivere una vita normale, questo è tutto quello che so, si può tornare a essere felici senza ricorrere ad aiuti esterni:
per alcuni eventi accaduti nella mia vita ero caduta in una depressione profonda. Convivevo con l'ansia in ogni istante della mia vita, preferivo passare tutta la mia giornata dormendo, non avevo la forza di uscire nè di studiare (ero una studentessa universitaria). Passavo le notti a piangere finché non crollavo addormentata, se mi fossi azzardata a mettermi a letto prima di essere distrutta dalla stanchezza, il mio stomaco sarebbe stato tormentato dall'ansia, la mia testa da pensieri bui che si autoalimentavano. Ho messo da parte lo studio aspettando un momento più propizio, e non feci altro. Avevo disturbi alimentari, alternavo periodi di anoressia a periodi in cui non mi fermavo un attimo di mangiare, perdevo 8 kg in 3 settimane e ne rimettevo 15 poco dopo. Per un intero anno riuscii a concludere ben poco: ero bloccata a pochissime materie dalla laurea e per me, che sono sempre stata la più brava, era inaccettabile. Era anche inaccettabile vedere persone, che io avevo sempre aiutato, che si laureavano mentre io vagavo nell'incapacità totale di riaprire un libro. A tutto ciò si aggiungevano i miei genitori che, totalmente ignari di ciò che stavo vivendo, si arrabbiavano e mi minacciavano di togliermi quel poco che avevo che mi faceva stare bene perché, non superando esami, non lo meritavo.
Stavo annegando.
Dopo quell'anno andai da uno psichiatra, mi prescrisse dei SSRI con una leggerezza che mi lasciò non poco perplessa. Iniziai a prenderlo, mi sentii meglio, iniziò a tornare un po' di vitalità, smisi di essere sottomessa dall'ansia, ma sentivo che "non ero io". Dopo alcuni mesi avevo messo su 10 kg rispetto al mio "solito" (sfioravo gli 80 kg quando ero abituata a non toccare i 70kg, considerando che sono molto alta) provai a mettermi a dieta, ad andare in palestra, tutto mentre continuavo a prendere quelle pillole, ma erano sforzi vani: non riuscivo a perdere neppure 100 grammi.
Volevo smettere, ma subii un lutto.
Il giorno in cui avevo deciso di non prendere più quelle pillole arrivò, pochissime settimane dopo il lutto. Smisi di prendere quelle pillole, come mi ero prefissata, ma dopo 10 giorni l'ansia, la tristezza, il nervosismo erano diventati insopportabili e ripresi la cura.
Il mio peso aumentò e mi ritrovai in un corpo in cui non stavo a mio agio. Questo attenuava non poco i benefici che provenivano dalla cura. Mi sentivo sì libera dall'ansia, ma ritenevo che i benefici che stavo ottenendo non valevano ciò che stavo perdendo.
E quindi decisi che era il momento di combattere da sola.
Non lo nego, i primi giorni sono stati terribili, i primi mesi non li posso certo categorizzare tra i migliori della mia vita.
Adesso sono libera da un anno e mezzo. Ho avuto momenti di crisi, momenti in cui l'ansia è tornata, in cui soffocavo un urlo, ma ho accettato che la vita e anche questo, che devo vivere anche quei momenti, che devo accettarli e capire che FINIRANNO. Sì, i momenti brutti finiscono se permettiamo loro di finire.
Nei momenti in cui lo sconforto regna da padrone mi ripeto ciò che di buono ho fatto, mi dico che sono stata forte a liberarmi da tutto in cui stavo annegando e che quella forza mi appartiene e mi apparterrà per sempre. Se sono riuscita a liberarmi quando tutto andava male, posso sorridere quando un po' di sconforto torna, ora che sono riuscita a riprendere la mia vita tra le mani e a raggiungere i miei obiettivi.
Dopo aver abbandonato il mio "nero" sono riuscita a laurearmi, ho dovuto aspettare un intero anno per iniziare a vedere i primi risultati di diete e palestra, sto ricominciando ad avere un corpo in cui mi sento bene. E sono felice perché, aldilà di ciò che mi succede, ora la mia vita mi appartiene veramente.
Ex membro
Cara Ginnie,
bellissima la tua testimonianza! Tocca degli argomenti importanti come quello dei farmaci e della forza di volontà.
Anch'io, ormai da diversi, prendo un farmaco. Sono considerata "farmacodipendente" presso l'ambulatorio dell'ospedale dove vado a fare le visite. Secondo la mia esperienza, il farmaco aiuta, ma non risolve il problema e crea dipendenza...
Non so se è stato per via del farmaco, ma anch'io ho preso molti kg in questi anni - anch'io devo stare attenta al mangiare (specie la sera mi prendono attacchi di fame...) e devo fare movimento fisico.
Non è facile "addestrare" ed esercitare la volontà. A volte la depressione prende il sopravvento.
Ma la tua testimonianza è incoraggiante: ci aiuta a capire che "ce la possiamo fare".
La volontà è il bene più prezioso, insieme alla vita. Se nella nostra mente ci prefiggiamo un obiettivo, anche a breve termine (forse è meglio cominciare con quelli a breve termine...) è possibile che il nostro io riesca ad "obbedire". Il problema sorge quando il nostro io non vuole obbedire a ciò che io stesso mi sono prefissato.
Domanda: perchè non obbedisco a me stesso? E' su questo che bisogna riflettere. La depressione si insinua e vegeta proprio in questa pausa tra il volere e il non obbedire a questa volontà. In questo spazio si insinua il "mostro", quello che, una volta entrato, corrode l'essere da tutte le parti, fino all'annientamento. Però...il "mostro" lo lascio entrare io.
Dobbiamo renderci conto che questa battaglia è tutta nostra. E' un fatto del tutto personale. Ogni altra situazione e/o persona è esclusa da questo scenario, ovvero, ci possono essere varie cause che ci portano a deprimerci e a metterci in conflitto con noi stessi, ma queste cause non ci liberano dal problema. Anzi...più ci rimuginiamo sopra e ce la prendiamo con loro, più esse danno forza al "mostro".
Ti ammiro. A me manca un pò di questa forza di volontà per smettere di aggrapparmi al farmaco e per smettere di dare la colpa agli altri...Ma...sono su una buona strada. Almeno...ogni tanto dico a me stessa queste cose, tanto per non perdere l'orientamento interiore.
Buona fortuna!
Ex membro
Ciao a tutti. E' la prima volta che faccio una cosa così, cioè parlare dei miei problemi con qualcuno che non conosco di persona, ma forse mi farà bene. Sono molto più giovane di tutti quelli che già hanno partecipato a questa conversazione, ho 19 anni e probabilmente non so ancora così tanto della vita da poter guardare le cose in modo sufficientemente critico, ma comunque. Non so davvero da dove iniziare, e credo dirò cose molto vaghe, perché credo che la depressione e l'ansia siano solo due dei miei disturbi psicologici, se così vogliamo chiamarli. Parto dal presupposto che qualsiasi cosa, malattia e non, che io provi o che in generale qualcuno possa provare, sia sempre dovuto al modo in cui noi abbiamo vissuto certe esperienze, e non a quanto obiettivamente esse siano state tragiche. Credo di aver iniziato a soffrire di depressione quando sono entrata nella pubertà: crescere è stato difficile sotto molti punti di vista, non avevo amici e mi sentivo diversa da tutti quelli da cui ero circondata, credevo di non meritare nulla di ciò che avevano gli altri. Mi sono sviluppata a 14 anni e mezzo, mentre tutte le altre mie conoscenti avevano già il ciclo dalle elementari. Questo mi ha segnato profondamente, anche nel mio approcciarmi coi ragazzi. Mi sono sempre sentita come se dovessi volgere quel senso di diversità che mi faceva soffrire in qualcosa di cui andare fiera, quindi vivevo il mio sentirmi diversa e alienata dagli altri come una cosa decisa da me, perché non volevo essere la vittima di nessuno, volevo essere indipendente. Facendo così tutto si riversava su di me, e cioè anche le colpe. Con gli anni tutto ciò che vivevo dipendeva da me, insomma ogni momento mi gravava sulle spalle e alla fine mi sentivo in colpa per tutto. Questo non è stato solo negativo. Sono diventata indipendente, sono diventata capace di gestire la mia vita senza dipendere da altri, assumendomi le responsabilità quand'era necessario, e diventando più forte di molte altre ragazze. Ma questa forza in realtà veniva accompagnata da una profonda fragilità, che usciva fuori nei momenti più difficili. Bastava poco per farmi crollare, e allora io riversavo di nuovo tutto su di me, incolpandomi per ciò che mi succedeva, benché non fosse colpa mia. Iniziai a tagliarmi e per un lungo periodo non riuscivo più a farne a meno, perché era l'unica mia valvola di sfogo, arrabbiarmi con me stessa per le cose che non andavano. E cosa non andava? Un po' tutto, a partire dal mio approcciarmi con gli altri. Non riuscivo a relazionarmi, non riuscivo a sentirmi a mio agio con nessuno, e credevo di essere sempre di troppo, brutta e inutile. Andavo male a scuola e litigavo accanitamente coi miei ogni giorno. Mi innamorai e non fui ricambiata e quella fu la goccia che fece traboccare il vaso. Ho superato quel periodo grazie alla musica. Mi sono completamente affidata alla musica negli anni seguenti, ai gruppi musicali rock magari anche poco conosciuti. Quello mi ha completamente cambiata. Sono diventata più socievole, il mio carattere si è rinforzato, e sono riuscita ad affrontare quelle insicurezze che prima infestavano la mia vita. Ma poi quel periodo è finito per un altro innamoramento, qualcosa che non riuscivo ad accettare, e in più perché era un periodo di profondo cambiamento nella mia vita e dovevo separarmi da certe abitudini, crescere, prendere decisioni importanti. Da due anni a questa parte l'idea del mio futuro ha continuato a uccidermi dentro: non sono mai stata una che faceva progetti, ho sempre vissuto per il momento, senza complicazioni, e dover decidere cosa fare dopo l'università mi ha strappato alla mia libertà, quella che ero riuscita a raggiungere faticosamente dopo anni di dolore.
La scorsa estate sono caduta in una vera e propria depressione. Per tutta la stagione sono rimasta a casa, la voglia di fare qualsiasi cosa era svanita di colpo, non avevo neanche la forza di alzarmi dal letto certi giorni, e come se non bastasse avevo iniziato a bere sempre più di continuo. Prima di allora bevevo a una festa a un'altra, ma l'estate scorsa credo di essere diventata davvero dipendente dall'alcool. Niente mi rendeva felice, ero continuamente malinconica, rancorosa, non volevo vedere nessuno, la musica mi nauseava, le persone mi mettevano ansia, rifuggivo qualsiasi legame, e l'unica cosa in cui riuscivo a fuggire era l'alcool. Con l'inizio dell'ultimo anno di liceo, ho deciso di riprendere in mano la mia vita: ho iniziato a godermi ogni momento, a prendere con leggerezza certe relazioni, a bere per divertirmi, e a studiare con passione. In realtà cercavo solo di scacciare quel senso di noia e nulla che mi aveva avvolto per tutta l'estate. C'è stato un periodo, tra gennaio e febbraio, in cui mi sentivo di nuovo forte, sana e salva dall'estate, in un pieno sbocciare delle mie potenzialità, e ciò che prima non mi andava bene di me era stato dolcemente cancellato dalla mia nuova forza d'animo. Troppo bello per durare. Infatti, nel pieno di quel periodo di felicità, è iniziata la mia storia con un ragazzo. Lo conoscevo dalle elementari, ed ero innamorata di lui dall'anno precedente, quando eravamo solo amici. In sintesi, questa era la prima volta che avevo qualcosa di serio con un ragazzo, anche se in realtà ero l'unica a prenderla seriamente, e di conseguenza a soffrirne. Io lo amavo moltissimo, tanto da assecondare tutti i suoi comportamenti, da fare qualsiasi cosa lui volesse, da annullarmi completamente in lui. Nel giro di pochi mesi mi sono annullata per lui, quando lui aveva "scopamicizie" con altre mie amiche - io accettavo tutto di lui, e ogni volta che ci vedevamo, senza dire nulla, ci baciavamo e speravo che ogni volta fosse la volta buona in cui lui mi avrebbe parlato, e mi avrebbe detto che a me ci teneva davvero più delle altre - ho sempre creduto, per tutta la vita, in tutti i brutti momenti, che un giorno sarebbe arrivato qualcuno che mi avrebbe salvato. Ma lui mi fece andare ancora più a fondo. Ritornarono a galla tutte le mie paure, tutto il mio passato, i momenti più dolorosi della mia infanzia e della mia adolescenza, cose che avevo sepolto e trattenuto per tutti quegli anni, e il fatto che lui non mi dicesse nulla, che io non riuscissi a capire cosa provasse realmente per me, mi mandava in bestia. Fu quello il periodo in cui iniziai ad avere ricorrenti attacchi di panico - mai ne avevo avuti, e la cosa mi terrorizzò tantissimo, saltai scuola per giorni ed ero terrorizzata che da un momento all'altro potessi ricominciare a respirare affannosamente e sentirmi soffocare e piangere. Alla fine non vedevo nessuno spiraglio in quel pozzo nero in cui mi sembrava di essere caduta, e così ho provato ad accettarlo, negando completamente me stessa, cercando di non pensare a me minimamente. So che è stato sbagliato, ma se non l'avessi fatto sarei impazzita, avrei avuto ancora più ansia di prima. Fatto sta che con l'arrivo degli esami ho dovuto smettere di pensare anche a lui, e sforzarmi di soffocare i miei sentimenti, cosa che odiavo fare e che per anni avevo fatto provocandomi solo danni. Ho smesso di vederlo. Sono finiti gli esami. E' passata l'estate, in questi giorni mi sento come l'estate scorsa. In più, mi sento tradita nel profondo da chi più amavo, e usata, e inutile. Ancora peggio: sono sola. Vivo in un'eterna solitudine dalla quale non riesco a uscire perché fondamentalmente un lato di me ha troppa paura di uscirne. Forse è legato alla mia prima adolescenza, forse non sono in grado di farmi amare dagli altri. Nessuno mi ama, nessuno mi vuole veramente e nessuno lotta per me, non ho amici, nessuno che mi aiuti nei momenti in cui ne ho bisogno - e tutto questo me lo faccio andare bene. In più, sono assolutamente in crisi perché non so cosa farne della mia vita. Non so che strada prendere, che studi fare, dove andare all'università, chi essere. Mi sento sola e continuo a sperare che qualcuno arrivi a salvarmi - qualcuno da amare veramente. Ma nessuno arriva mai a salvarmi. Sono sola. Siamo solo io e la mia solitudine, e i giorni tutti uguali.
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