Violenze ginecologiche: la parola delle donne si libera
Pubblicata il 4 feb 2019 • Da Louise Bollecker
Che soffriamo di una malattia cronica o no, gli esami ginecologici sono un passaggio obbligato e a volte temuto dalle donne. L’anno 2018 ha visto numerose voci elevarsi contro pratiche scorrette, offensive o pericolose, contemporaneamente al movimento #MeToo contro la molestia e le agressioni sessuali.
Violenze ginecologiche denunciate
Appuntamento privato e regolare nella vita di una donna, l’esame ginecologico è a volte vissuto come un motivo di imbarazzo ma può trasformarsi in un momento fisicamente e psicologicamente violento. Il medico generico e scrittore francese Martin Winckler ha denunciato questo fenomeno in uno dei suoi libri: « quando un professionista tratta male fisicamente o verbalmente una paziente e risponde alle sue proteste (o ai segni di dolore) con disprezzo, questo si chiama abuso, e non più goffaggine ». Secondo lui, il modo di abuso più frequente è il giudizio fatto dal medico sul peso della paziente, le sue misure contraccettive, l’orientamento sessuale, il desiderio o no di avere bambini...
>> 70% dei pazienti hanno già mentito al loro medico, in particolare per evitare il suo giudizio
« Il silenzio, il disprezzo, la derisione, la minaccia, il ricatto sono moneta corrente, e sono inaccettabili » continua Martin Winckler. In effetti, andiamo dal medico per essere sostenuta e capita, non per essere giudicato. Le violenze superano a volte l’ambito psicologico: numerose donne hanno preso parola, soprattutto sui social network, per dinunciare paptest volontariamente brutali o esami pelvici inutili e dolorosi.
La situazione è più o meno disciplinata secondo i paesi: nel Regno Unito, delle norme rigorose di comportamento alle quali i ginecologi devono conformarsi sono state stabilité. Norme adeguate per limitare i problemi?
Essere intesa e diventare l’attrice della sua sua salute
Essere l’attrice della sua contraccezione, del suo parto, delle sue scelte mediche, è una cosa possibile? Ad esempio, i social network e le riviste femminili hanno evocato la domanda delicata dell’impianto di un DUI (spirale), molto spesso rifiutato per le donne che non hanno avuto bambini ancora.
Il parto è anche una fonte di sussulti: rifiuto dagli operatori sanitari di lasciare la futura madre muoversi come vorebbe o adattare la posizione che lei giudica necessaria, episiotomie sistematiche, mancanza di monitoraggio psicologico...Numerose ostetriche hanno tuttavia deplorato alcuni commenti troppo mirati, dicendo che loro si preoccupano veramente del benessere delle pazienti e che numerosi imperativi medici si nascondono dietro le decisioni prese, a volte con urgenza, nella sala parto.
La mediatizzazione dell’endometriosi ha anche influenzato i dibattiti: questa malattia che colpisce 1 donna su 7 è uscita dall’ombra soltanto qualche anno fa. Numerose pazienti non sono state ascoltate dai medici. I loro dolori, eppure comparabili a coltellate allo stomaco, non sono stati presi sul serio durante anni.
>> Scoprire il forum dedicato all’endometriosi
Lo scandalo dei Balcani
Se il movimento #MeToo non era presente all’inizio nei Balcani, ha avuto un effetto a scoppio ritardato: dopo il discorso nel Parlamento di una deputata croata sulle pratiche mediche « degne del XVesimo secolo » in vigore nel suo paese, numerose testimonianze sono state diffuse da tutti i Balcani.
In Croazia, una donna su tre non avrebbe beneficiato dell’anestesia durante un trattamento doloroso come un raschiamento, una biopsia, un prelievo follicolare o un’episiotomia. « Mentre mi bloccavano le mani, le gambe e la testa, il medico ha detto che piangevo perché ero una donna viziata » ha raccontato una donna vittima di un raschiamento senza anestesia ad un’associazione locale che trasmette numerose testimonianze. In totale, quasi 400 testimonianze sono state raccolte, lette publicamente in numerose città del paese, e presentate al ministero della Salute.
L’associazione bosniaca Parto naturale ha raccolto le testimonianze di quasi 300 donne su trattamenti ginecologici dolorosi. Stessa constatazione in Serbia dove, secondo l’associazione Centro per le mamme, questi trattamenti dolorosi e umilianti sono la causa della diminuzione della natalità. Un sondaggio ha dimostrato nel 2015 che il 10% delle donne serbe « non vogliono avere un altro bambino per colpa di un’esperienza traumatizzante nei reparti maternità durante il primo parto ».
E voi, cosa pensate di queste testimonianze?
Avete già avuto un’esperienza cattiva con un ginecologo?
Se avete bambini, com’è andato il parto?
Avete fiducia nel vostro operatore sanitario?
Carenity