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La descrizione della mia depressione
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Andare all'ultimo commentoEx membro
Ciao Alessandro, ottimo per i tuoi colloqui, bisogna persistere e pensare che se non sono andati in porto forse non si trattava del posto davvero giusto per te. Il pensiero dell'estero ti fa stare bene ? E perché no ? Tutte le porte sono aperte. Un saluto, Francesco
Ex membro
Spero tanto per Alessandro che tutto vada per il meglio, anche se mi rendo conto che è la solita frase fatta. Oggi io invece mi sento una pezza da pavimenti. Premettendo che faccio un lavoro, e sono per questo fortunata, per cui mi devo spesso relazionare con bambini, oggi, dopo una mattinata di quelle deliranti vengo aggredita verbalmente da due mamme che, con arroganza e supponenza mi hanno accusato di aver preso di mira i loro tesori. Dal confronto immediato con i gioiellini ne è uscito che entrambi avevano mentito. Qualcuno ha fatto le sue scuse? io naturalmente, ma da altri no.......
Ora ho solo voglia di andare a casa, prendermi 4 pastiglie di antidepressivo e buttarmi a letto.
Ex membro
Solo ora ho letto tutti i consigli, le parole incredibile che Alessandro riesce a far uscire dalla sua anima. Di fronte a tutto questo mi sento una bambina dell'asilo che impara giust'appunto le vocali. Con quali lucidità di intenti, chiarezza, fluidità i tuoi pensieri Alessandro sono diventati anche i miei. Per tutto il tempo in cui ho letto i tuoi scritti ed ascoltato la musica che hai pubblicato mi sono sentita meno sola, come se un vero angelo mi fosse volato accanto. Capisco ora il motivo per cui le persone ti considerano un buon consigliere. Sono tranquilla ora che ho letto di te, senza naturalmente nulla togliere a tutti gli altri. Ti definisci un egoista, e visto che la tua vita è molto simile alla mia lo sono anche io, ma il nostro è un sano egoismo poichè non è ciò che tutti definiscono tale, ossia la cura e l'interesse solo di se stessi, ma è semplicemente la paura, il timore di essere di disturbo, di troppo, di far troppo rumore, di essere visti, magari guardati. Pochi capiscono che non cerchiamo di stare al centro dell'attenzione per vana gloria, staremmo bene anche da parte; ma noi dobbiamo aiutare tutti, essere sempre in prima fila, non deludere mai, dare 110 se gli altri hanno bisogno di 10 e basta. Far finta di non desiderare una bella frase, un complimento, un abbraccio, un grazie....no ne abbiamo bisogno, siamo forti noi..... e non capiscono che anche noi, che anche io mi rompo in mille pezzi ogni istante della giornata, solo che on faccio rumore.
Grazie Alessandro.
Ex membro
Ti ringrazio per il commento @Evelyn, sei molto gentile. Eppure le mie parole, per te così preziose, sono per me poco chiare, portandomi continuamente a rimuginare; e poco consolatrici, perché non mi fanno fare nessun passo in avanti. Il problema è: qual'è la causa della mia ansia e della mia depressione? Per quanto io possa speculare, dipanando i miei pensieri, cercando di definirli in una struttura narrativa, non trovo risposte. Accetto che sia una malattia, con le sue cause e conseguenze biologiche, che forse possa avere anche cause genetiche, ma in cuor mio spero che qualcosa si possa fare anche con la psicoterapia, trovando così cura con un percorso di analisi. Sicuramente la psicoterapia mi è servita a fare maggiore chiarezza sul mio problema ma le risposte tardano ad arrivare. So che è la mia ansia a innescare pensieri vorticosi, dialoghi interiori e continue speculazioni: creo realtà alternative per allenarmi a quello che c'è fuori, per farmi così trovare sempre pronto. Si evince che l'idea che io ho del mondo fuori è molto negativa, quindi sto cercando di rivolgermi a questo con maggiore entusiasmo e più consapevolezza, così da evitare di nascondermi ancora. So che l'ansia mi porta a desiderare di fare talmente tante cose da riempirmi troppo di aspettative verso me stesso, aspettative che non sarò mai in grado di esaudire perché troppo estreme. E piano piano scivolo verso l'apatia, anticamera della depressione. La mia depressione nasce dalla paura dell'altro e dal furore di voler fare troppo per sbalordire e cambiare una realtà che non mi piace. C'è un però: io non mi vedo così pessimista verso gli altri e il mondo, anzi mi considero ottimista, arrivando quasi all'ingenuità. Che sia possibile avere due sentimenti contrapposti, tali che l'uno neghi l'altro? Che il mio ottimismo sia razionale e consapevole e il mio pessimismo irrazionale, fobia profonda che si manifesta in maniera vigliacca e sublimare? Ma cosa ha fatto nascere in me questa paura sociale? Non lo so.
Ex membro
Un'ultima cosa @Evelyn. Dovresti disinteressarti delle relazioni immotivate dei genitori, per quanto queste siano sgradevoli. Ormai crescere un figlio è vissuto come una competizione tra famiglie: chi ha il figlio più veloce nell'apprendere vince. Il figlio è diventato un obiettivo sociale, non è più persona. Esteriorizzare se stessi attraverso il proprio pargolo: è solo esercizio di vanità.
Ex membro
Buongiorno Alessandro, grazie mille per la tua risposta. Condivido con te che rivolgersi ad uno psicanalista sia una buona soluzione ma mi sono anche resa conto che poi, fuori dallo studio ero sola a filtrare ciò che mi era stato detto, ciò che avevo detto. Ero attenta ad ogni mi atteggiamento e scrutavo continuamente la postura dell'altro per capire i messaggi corporei che mi mandava. Uno stress che ancora mi porto dentro con un vago senso di angoscia. Mi sono rivolta a trattamenti alternativi come Kambo, Rapè e Sananga..... risultato? un gran mal di stomaco ma tutto rimaneva lì dentro, con l'aggravante che tutte queste sostante avevano smosso emozioni che non ero più in grado di controllare ed allora si ricorreva alle magiche pastigliette.
L'essere sempre impegnati? Necessario, non mi lascia il tempo di pensare, di compiangermi, di respirare solo quello di desiderare che arrivi la sera per chiudermi in camera, aprire un buon libro e dare la buona notte al mondo ma, perchè un ma c'è sempre, il cellulare è acceso accanto a me ed ogni volta che me ne allontano spero sia arrivato un messaggio che mi dica: TU ESISTI PER ME!!!
TI ASSICURO, CAPITA MOLTO DI RADO!!!!!!!!!
I genitori non sono frustrati purtroppo, scusa il gergo ma sono incazzati con il mondo poichè hanno perso il controllo dei loro figli ed allora cercano il capro espiatorio che paghi le colpe delle loro inettitudini......
Buona giornata.
Ex membro
È da molto che non scrivo ma ho avuto giorni molto impegnativi e stancanti. Negli ultimi commenti vi comunicavo la mia tenacia nel voler guarire, eppure oggi sento che le forze mi stanno abbandonando e l'ottimismo è un lontano ricordo. Uau! Che parole incoraggianti. La psicoterapia non sta sortendo risultati utili: le tecniche di rilassamento e concentrazione non hanno molta efficacia e i miei problemi non sembrano essere risolti, sono solo più chiari. Sto valutando la possibilità di andare da uno psichiatra e tentare una cura farmacologica. Vi terrò aggiornati su risvolti e risultati, nella speranza che qualcosa di buono possa venire fuori.
Ex membro
Sono andato dallo psichiatra per la prima volta nella mia vita. Non è stato un granché: normali visite di controllo da cui è stato possibile escludere una serie di malattie gravi, ma il dottore ha espresso molte riserve verso il lavoro che sto svolgendo con il mio psicanalista. Non ritiene che il mio stato sia dovuto ad una forte ansia e conseguentemente che le mie valutazioni sul mio caso siano giuste. Tre mesi di parole e pensieri che posso tranquillamente cestinare, oltre al fatto che le mie domande rimangono lì ad osservarmi, senza trovare soluzione alcuna. Fino a che non trovo altre risposte e spiegazioni al mio caso ho deciso di tenermi stretto quanto capito con lo psicanalista fino ad ora e ho deciso di continuare il mio percorso, per quanto sia dispendioso e abbia perso nelle ultime settimane slancio e forza propulsiva. Non voglio arrendermi.
Il lavoro è un capitolo che sta prendendo sempre più forza nella mia attività immaginifica: ormai sono in grado di parlare solo di quello, sia con gli altri sia da solo. Questa monomania è sempre più totalitaria, portandomi ad un aumento dei pensieri ossessivi e violenti. Parlo tantissimo da solo, anche perché sono tornato a vivere per conto mio in queste ultime settimane, trovandomi così ad avere molto tempo a disposizione. Queste chiacchierate eterne non sortiscono alcun effetto benefico: mi scaricano emotivamente poco e mi stancano troppo. E quanto tempo buttato.
Speravo di poter trovare qualche compagnia nuova e di poter recuperare alcune vecchie amicizie, in modo tale da riscattarmi socialmente e pormi all'attenzione degli altri. Anche in questo caso i risultati si sono rilevati modesti. Non so voi ma non riesco ad appassionarmi degli altri, dei loro discorsi, delle loro risate. Vedo tanto pressapochismo e volgarità e più noto questo e più mi ripeto:" Alessandro non può essere vero, la realtà non è quella che credi di avere davanti agli occhi, ti stai sbagliando". Così inizio a infliggermi mille auto analisi, ponendomi verso me stesso con sempre maggiore intransigenza e criticismo. Tempo fa mi era stata rivolta l'accusa di essere troppo accondiscendente verso me stesso, tronfio di presunzione e spocchia: alcune volte penso che queste parole non siano così sbagliate verso la mia persona, ma poi mi interrogo su quante volte mi pongo sotto la lente di ingrandimento del mio giudizio e cambio idea, convincendomi che ho troppo acredine verso me stesso. Continuo ad oscillare tra opinioni contraddittorie, destabilizzandomi.
Quanta voglia ho di ridere e scherzare per sentirmi veramente libero. Le parole che ho scritto prima vorrei non scriverle più: mi disgustano. Sono stanco di cattivi pensieri e congetture: dov'è la tranquillità dell'attimo, la serenità appagante e vuota di guardare fuori dalla finestra senza struggersi di parole e speculazioni intellettuali?
Ex membro
Dopo lo psichiatra ho avuto un confronto con lo psicologo. Gli ho chiesto una diagnosi considerato che il nostro percorso va avanti da quasi tre mesi. Mi è stato riferito che dopo lunghe analisi pensa che io abbia una forte ansia sociale, la quale mi impedisce di avere relazioni stabili e complete con amici e conoscenti. In presenza di altri, soprattutto di persone che conosco da anni, mi riempio di aspettative, mi premuro di stupire gli altri con grande vivacità, ma raramente ci riesco perchè sono troppo sotto pressione.
Parlare da solo diventa non solo esercizio di sfogo dell'ansia, ma anche attività di allenamento sociale: ripeto discorsi per rendermi preparato ad eventuali chiacchierate, come se stessi preparando un esame universitario. Inoltre parlare da solo è il paliativo che utilizzo per realizzare quanto non ho saputo fare in compagnia.
La percezione di non essere molto considerato dagli altri, quasi come se le mie opinioni fossero irrilevanti, è vera. La scarsa considerazione è dovuta alla mia forte apatia, non sentimento che mi isola dagli altri. È come se rimanessi in attesa di una opportunità da sfruttare per potermi mettere in luce, ma questa continua attesa mi rende lento e impacciato nei miei interventi.
Un altra spiegazione alla mia ansia sociale è puramente sentimentale. Ho sempre avuto l'impressione che parlare con gli altri sia un esercizio di prepotenza, volendo affermare le proprie opinioni a discapito delle opinioni degli altri. Parlare con gli amici è solo uno scontro, una battaglia che può essere vinta solo da colui che sa esprimersi con maggiore vigore e rapidità. È volontà di potenza, desiderio di sopraffazione, che spesso sfocia in un saccente sadismo. Io non voglio essere così. Non sono così presuntuoso o arrogante: io sono garbato e pronto a sentire sempre gli altri, pronto a cogliere un suggerimento anche nella più feroce critica. Questo essere posato e controllato mi fa vivere da ignavo e inetto, ma divenire l'opposto mi spaventa: non voglio far del male a nessuno.
Ex membro
Obiettivi e finalità. Dovrei iniziare a compiere una netta distinzione tra queste due parole al fine di combattere l'ansia, non permettendole di ingigantire il futuro, di schiacciare il presente e umiliare il mio passato. Devo imparare ad avere più pazienza, di fissare degli obiettivi di brevissimo periodo che siano in relazione con quelli di medio-lungo. In altre parole devo fissare la mia attenzione su finalità esaudibili in pochi giorni se non addirittura in poche ore, comprendendo che sono piccoli passi per raggiungere ciò che desidero di più: avere una stabilità emotiva e lavorativa, avere delle relazioni durature e solide attraverso cui esprimere me stesso.
Con lo psicoterapeuta abbiamo iniziato a parlare di tecniche di visualizzazione; esercizi utilizzati dagli sportivi per aumentare la concentrazione durante la gara e per migliorare le performance. Dovrebbero aiutarmi a conseguire queste finalità. Qualcuno di voi ne ha mai sentito parlare?
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Ex membro
Volevo iniziare questa discussione per motivi ovviamente personali. Sto soffrendo di un forte stato confusionale, soprattutto di carattere emotivo. Passo da momenti di cupa malinconia a momenti di forte esaltazione. Sento intorno a me qualcosa aleggiare. Non so se sia depressone o meno, ma questo dolore mi gira sempre intorno, mettendomi ansia. Mi attacca con grande violenza, per poi ritirarsi e darmi l'illusione che tutto possa finalmente essere passato. Mi trovo prigioniero di un eterno ritorno. Inoltre sono affetto da una forte eccitazione nervosa, la quale mi impedisce di fare fronte allo stress emotivo che subiamo tutti i giorni: è sufficiente la reazione smodata di una persona, o smodata per la mia percezione della cosa, per piombare in mille pensieri e lamentele personali. L'incapacità di saper gestire emozioni mi porta all'isolamento. L'isolamento a sua volta mi porta a parlare molto da solo e a fantasticare sulla mia vita molto più di quanto vorrei. Il tempo che perdo in questa attività immaginifica è enorme, impedendomi di poter svolgere le attività reali che ho in mente. La mia è una qualche forma di procrastinazione.
Qualcuno si riconosce in questa descrizione? E se si, come vive tutto questo? Che possibilità ci sono di guarire?
Grazie, anche per chi solo ha avuto il tempo di leggere queste parole.
Alessandro