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La descrizione della mia depressione
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Andare all'ultimo commentoEx membro
Non vi scrivo da molto: purtroppo ho avuto qualche giorno di fase calante, dove il mio entusiasmo e la mia voglia di guarire sono calati. Ora vi scrivo con lo stesso desiderio di prima: condividere i miei pensieri sul problema depressione, sperando che tutto questo possa far bene a me e rincuorare voi. Spero che il confronto che ho cercato in questo sito vi sia stato un pochino utile, anche solo un poco. Mi riempirebbe di grande felicità. Vi dedico questo pagina del mio diario, dove cerco di spiegare la mia condizione con parole nuove, con la speranza che continuando a riformulare i pensieri, questi possano entrare nella mia coscienza con maggiore intensità, dandomi finalmente quello che desidero: una nuova opinione di me, degli altri e del mondo. Voglio cambiare il mio sguardo, voglio che torni ad essere ottimista, seppure sempre accorto e analitico. Spero che possa essere una buona lettura per voi quanto scritto sotto.
Lamento spesso e volentieri un forte stato di pigrizia, difficile da scrollare via. E se quella pigrizia che tanto denuncio fosse semplicemente di ordine intellettuale? In altre parole: do poco spazio alla mia attività di pensiero razionale rivolta alla mia persona, lasciando praterie sconfinate ad altro: a pensieri e parole rivolti a persone diverse a me, ad argomenti che non hanno immediata relazione con la mia vita, a problemi intellettuali stimolanti ma che spesso percepisco come occasione di gioco e distrazione. Il senso di pigrizia, il profondo sconforto, l'angoscia di essere braccato dai miei stessi pensieri: esse sono reazioni ad un disturbo più profondo: la scarsa considerazione che dedico a me stesso. Non è una questione di stima personale, ma di pormi oggetto del mio pensiero, impedendo qualche volta che l'oggetto, ovvero l'argomento, siano gli altri. L'ansia nasce dalla mia continua procrastinazione di porre la mia vita sotto analisi; la poca stima dalla incapacità di parlare di me stesso, la depressione dal non aver mai reagito, dal non avere mai realmente vissuto, perché mi sono sempre tirato indietro. Anche la componente sociale gioca un ruolo molto importante, innescando meccanismi distorti, come situazioni di stallo da cui è impossibile fuggire. La poca vita sociale mi porta ad una mancanza di stima, in quanto non riesco a costituirmi animale sociale: le persone che ci vivono sono coloro attraverso cui siamo in grado di costruire la nostra persona, o almeno ci piace crederlo. Finché tutto rimane brullo ed incolto nel mio passato e vedo nel mio futuro lo stesso paesaggio, cadrò sempre nella depressione. Finché il mio futuro e passato sono dipinti così, rimarrò sempre profondamente abbracciato alle mie fantasie: sono false immagini che pongo dove non c'è niente, dove dovrebbero esserci ricordi o progetti. Finché la mia fantasia si mantiene tanto differente dalla realtà di tutti i giorni, impedendomi di reagire, finché la mia fantasia è così forte, isolandomi, non sarò mai in grado di sbarazzarmi dell'ansia.
WiseSparrow
WiseSparrow
Ultima attività il 17/02/24 alle 11:13
Iscritto nel 2015
3 commenti pubblicati | 1 nel gruppo Convivere con la depressione
Ricompense
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Amico
Ho letto i tuoi interventi con grande interesse, Alessandro, sia per l'interessantissimo modo di esporre i tuoi pensieri, sia perchè... in quello che scrivi, mi ritrovo molto anche io.
Io, ti dirò, la mia "salvezza" o perlomeno la chiave per aprire la via a un possibile sentiero di risalita l'ho trovato in un tipo particolare di psicoterapia basata sul metodo " analitico transazionale" ; un libro che mi ha molto aiutato ad avere un'idea del perchè di alcuni miei comportamenti, di miei modi di reagire alle situazioni ( che io ho quasi sempre "sopportato", "subito" supinamente, con nulla volontà di imposizione ) dandomi quindi la possibilità, una volta riconosciuti i meccanismi, di provare a cambiarli e correggerli, per essere più soddisfatta di me. Il libro di cui parlo è " Nati per vincere", un testo consigliatomi come accompagnamento al percorso psicoterapeurico, un momento di riflessione su me stessa, di auto analisi.
Sperando che possa essere utile anche a te, e a disposizione per qualsiasi altra informazione, un pensiero affettuoso telematico
WiseSparrow
Ex membro
Ti ringrazio WiseSparrow per il consiglio. Cercherò il prima possibile il tuo libro e lo leggerò con molta cura. Spero in un prossimo futuro di poterti consigliare altri libri sul pezzo, ma forse uno ce l'ho già. Si chiama "Pensieri Lenti, Pensieri Veloci". Lo sto trovando molto utile. Sto comprendendo quanto spesso e volentieri siamo condizionati nei nostri giudizi da credenze e visioni stereotipate della realtà; originate dagli insegnamenti della nostra famiglia e della società; oltre dalla nostra storia di vita. I pensieri di questo genere originano dal sistema 1, la sede dei nostri preconcetti. Il sistema 1 è molto reattivo: è sempre vigile e pronto a darci impressioni e risposte, seppur molto lacunose, spesso anche sbagliate. Per quanto mi riguarda mi sta facendo capire quanto la mia forma di depressione e di ansia dipenda da questo mondo stereotipato, e da un pensiero razionale, originario del sistema di pensiero 2; troppo pigro. Credo che io debba allenarmi, arrivando a razionalizzare tutto con maggiore intensità, non lasciandomi condizionare troppo da tutto quello che svolazza nella mia testa, ponendomi al centro dei miei pensieri, divenendo oggetto della mia continua discussione interiore ed esteriore. Inutile dire quanto questo sia difficile.
Ex membro
Oggi ho avuto la seduta di psicoterapia. Anche oggi alcune parole che mi sono state dedicate dal mio analista mi hanno profondamente incuriosito, a tal punto da dover sfruttare questo spazio e speculare su quanto ho sentito nell'ora di incontro. Mi ha fatto molto piacere avergli chiesto se nella mia forma di pensiero logorroico e accanito vi sia una qualche forma di creatività, e mi è stato risposto che senz'altro è così. Mi ha dato ancora una volta la sensazione che la mia condizione, del tutto simile alla vostra, sia una manifestazione di grandi potenzialità e doti, che però dissipiamo non sfruttandole completamente. In noi c'è una sensibilità rara, piena di grazia ma proprio per questo molto fragile. Come ho già scritto più volte, ogni evento che possa recare offesa crea in me una violenta reazione emotiva, innescando comportamenti che ho già descritto ampiamente nei mie precedenti post. Mi sono imposto di essere più resiliente, ovvero di resistere di più a questi attacchi emotivi. Eppure il discorso dell'emotività non è stato molto affrontato durante l'ora: ho avuto l'impressione che quanto da me desiderato non possa essere conseguito se prima non faccio un altro passo: espormi socialmente, divenendo animale sociale. L'obiettivo è molto semplice: divenire ricordo positivo negli altri, costituendomi quindi pensiero degli altri. E i loro pensieri su di me, come i miei sulla mia persona, andranno a costituire la mia identità. Forse questo mi permetterà di dare sfogo alle mie potenzialità, e soprattutto a tutto quello che ho soffocato in tanti anni: forse solo così potrò vincere il mio pensiero ossessionante ed ossessivo, ovvero dandogli forma in azioni. Chissà che questa possa essere un modo per togliersi molti grattacapi e preoccupazioni. Ma una cosa mi ha fatto dubitare di questa multivitaminica quanto difficile ricetta per una vita migliore: costruire la propria identità negli altri, attraverso comportamenti studiati, azioni controllate, non è una forma di recitazione? Non sto forse io diventando attore, che reciterà per tanti anni una parte fino al punto di essere convinto che il personaggio che interpreta sia veramente lui? Che devo scegliere un personaggio fino a quando non diventi persona? Mi sembra di essere protagonista di un'opera pirandelliana. Queste domande che vi pongo mi mettono molta inquietudine: ho l'impressione di non avere una vera identità, so soltanto quello che non sono. L'unica cosa che è mia è la mia cultura, le mie idee, le mie opinioni: Vitangelo Moscarda, lui si un vero personaggio nato dal genio di Pirandello, sosteneva che fossero sufficienti, che l'identità personale è identità culturale. Io no. In alcuni colloqui di lavoro mi è stato chiesto di descrivermi in tre parole: ogni volta che ne dicevo tre pensavo:" ma non sono io! Io sono molto di più! Sono molto diverso, molto più tridimensionale di piatti aggettivi!" Come sta il vostro Io? Come è fatto? Sentite di averne uno? Il mio non so come sia ne fatto ne se stia bene.
Ex membro
Come faccio quasi quotidianamente vorrei farvi leggere questa pagina del mio diario. Queste parole mi hanno fatto abbastanza bene e mi hanno dato qualche motivo di essere un po' più soddisfatto di me stesso. Spero che possano aiutarvi, anche solo suscitando in voi domande. Non so quindi quanto queste parole possano essere rasserenanti, so solo che ora come ora le sento vere.
Finita lezione di inglese ho iniziato a pensare a come sarebbe potuto andare il colloquio di oggi. Sono riuscito a chiudere la fantasia. Questa crea in me false aspettative, le quali mi scoraggiano troppo. Ho iniziato a valutare il mio colloquio in chiave più razionale: se mi cercano è perché molto probabilmente hanno bisogno di un italiano, sono consapevoli che potrei avere qualche difficoltà con la lingua inglese e che posso incontrare qualche problema durante il colloquio. Se non hanno fatto queste valutazioni sono loro gli incompetenti oppure c'è stato un pri pro quo: non è mia responsabilità. Ho usato la mia fantasia per distrarmi, orientando le mie “allucinazioni” verso qualcosa di inoffensivo, come una bella partita a calcio con gli amici. A dir la verità in questo sogno indotto mi vedevo protagonista di grandi gesta sportive, suscitando invidie e ammirazione, ma non vedo questo esercizio di presunzione come qualcosa di negativo: mi ha caricato per dopo, mi ha dato la possibilità di divertirmi e sentirmi bene, e sento come aver imposto un sogno sia molto diverso da quando il sogno appare involontariamente. Nel primo caso sono più consapevole di essere dentro un gioco, nel secondo invece tendo a crederci di più. Il prossimo passo è di pensare a qualcosa che non riguardi la mia persona, quindi che abbia un altro protagonista: creare una vera storia. Forse è possibile. Scrivere questo episodio, consegnandolo al mio diario, mi fa sentire bene: capisco con maggiore chiarezza di aver conseguito un risultato e di dover essere soddisfatto: se avessi iniziato a parlare da solo, anche se l'ho fatto, e non avessi fissato queste parole qui, la mia consapevolezza di essermi comportato in maniera differente non sarebbe stata così forte. Forse è vero che scrivere ha qualcosa di terapeutico, in quanto ti permette di svolgere pensieri molto più profondi e più raffinati, abbandonando quegli impulsi che sono tipici di una fantasia scatenata. Torni ad allenare il tuo io razionale, ovvero torni a prendere possesso della tua mente e dei tuoi pensieri. Condividere queste parole è ancora più utile: solo così le parole acquisiscono ancora più peso, perché sono apprezzate, ma anche criticate, dagli altri. Non ti tiri indietro con quel misto di paura e presunzione, ma cerchi di costituirti animale sociale, cerchi di viverti anche nelle opinioni degli altri. Lasciare un segno negli altri: non lo vedo più come un atto violento di prevaricazione, ma come una dimostrazione di affetto. L'indifferenza è il primo passo per la depressione. L'indifferenza è una delle cause, non solo la conseguenza: che poi questa sia alimentata dalla depressione è assodato, ma nasce prima.
Ex membro
La conquista di oggi, per quanto sia piccola, è stata molto significativa per me e mi ha portato a provare un profondo sentimento di soddisfazione. Per una persona esterna la mia conquista appare ridicola e priva di grande importanza ma per me è segno di cambiamento. Eppure il mio lato oscuro non ha tardato a emergere. Ciò che ho vissuto oggi non mi è rimasto molto impresso a livello immaginifico, anzi è un episodio chiuso, completamente sterile. Una ulteriore prova di quanto quello che ho fatto sia positivo e giusto, confermando che devo assolutamente dare sfogo ai miei desideri. Il compito etico del desiderio: se non lo assecondiamo ci ammaliamo (Freud, Lacan). Credo però che i miei problemi di nervosismo, ansia, distrazione e depressione non siano di ordine solo psicologico, e tutto questo pomeriggio e tutta questa sera ne sono una prova. Sono così poco resiliente alle emozioni e i miei pensieri oggi sono stati incredibilmente violenti dopo la mia piccola conquista. Non riesco proprio a capire perché tutto questo sia così vivo in me, perché mi sembra di avere una mente iperattiva, chiassosa e confusionaria. È quasi gioiosa, ma ha qualcosa di sinistro: è apparentemente incontrollabile. Tutto si accumula dentro di me con incredibile velocità, che siano sentimenti o pensieri poco importa, e mi sento in una barca che beccheggia per il mare grosso. Cammino lungo il pontile, ma non ho il perfetto controllo dei miei movimenti. E quanto ho parlato da solo, quanto ho visto nitidamente le persone con cui parlavo, quasi come vere allucinazioni. Sono sbalordito. Cosa inoltre ha saputo creare in me un forte senso di nervosismo ed agitazione? Quello che ho visto su Ted, una serie di testimonianze di malati di mente, di persone che hanno tentato il suicidio e che convivono con la depressione. Ogni volta che vedo un video di questi non riesco a stare fermo: non mi porta turbamento, ma entusiasmo per comprendere quanto queste malattie non siano completamente invalidanti, anzi, possono offrire pregi, se non essere motivi di vanto. Che cosa straordinaria e come correvo a raccontare tutto ai miei personaggi di fantasia, informandoli che in tutte queste persone non ci deve essere discriminazione ne paura. Che forte empatia che ho provato per tutti coloro che hanno pubblicamente testimoniato le loro ansie e malattie, che sensazione di grande piacere nel sentire le loro voci e nel capire che ce l'hanno fatta. L'etica del desiderio: desidero capire di più quali siano i miei problemi
Ex membro
Anche oggi ho riletto l'intera discussione, in particolare i vostri commenti. Anto56 mi scriveva che la sua forma di depressione è tale da impedirle di poter pensare: un'immaginazione sfrenata e caotica non era presente nella sua malattia come invece è viva in me. Il suo stato depressivo è un mondo ovattato, afono, asettico; e questi tre aggettivi sono talmente distanti da tutto ciò che mi brilla in testa. E purtroppo, perché dopo tanto faticare mi assale un dubbio: e se la mia sofferenza dipende da qualcosa di diverso? La diagnosi è semplicemente sbagliata. Ancora una volta ho bisogno della vostra esperienza di vita: chi di voi parla da solo? Chi di voi si abbandona a discorsi con persone realmente esistenti ma che in quel preciso istante non sono con voi? In questi due giorni sono tornato a parlare da solo tantissimo e l'accidia inizia di nuovo a starmi alle costole. Mentre parlo mi sono reso conto che mantengo un contatto visivo, anche se di fronte a me non vedo niente. Chi di voi ha un comportamento del genere? Vi prego di rispondermi perché sono curioso. Perché condividere può far bene. Perché desidero guarire.
Ex membro
Oggi ripensavo a quello che ho vissuto l'anno scorso. A settembre 2013 avevo finito gli esami della magistrale, rimanendo solo con il compito della tesi da assolvere. Mi bloccai quasi immediatamente. “Adesso che faccio?” pensai, “che prospettive ho per il mio futuro?”. Non sapevo che cosa mi avrebbe aspettato e questa incertezza mi terrorizzava, portandomi a procrastinare. Ho rallentato il ritmo di studio, ho buttato via tempo: per tre mesi ho solo lavorato pigramente e dormito. Ero svuotato da qualsiasi impulso volitivo, mi accontentavo di andare avanti, sperando che la situazione sarebbe migliorata da sola. Quante volte sono incespicato, quante volte mi sono detto “sono perduto”, quante volte mi sono svegliato la mattina pensando “questo è il momento peggiore della giornata”. A dicembre ho avuto l'idea di trasferirmi durante l'estate in Irlanda con la mia famiglia: in me è nato un nuovo obiettivo e lentamente la mia giornata è tornata a riempirsi di piccoli compiti ed impegni, e il mio cuore di speranza e voglia di fare. Mi sono risollevato da solo, senza rendermene conto, con assoluta inconsapevolezza: alcune volte le occasioni ci regalano una seconda possibilità. È fortuna, nulla più. L'inglese per me è sempre stato motivo di vergogna: ero così scarso a scuola da essere preso in giro, e anch'io ne ridevo, perché non potevo non ammettere di essere completamente negato. Un pregiudizio verso le mie capacità che mi ha perseguitato per anni, esacerbando la mia insicurezza. L'Irlanda divenne per me l'occasione di riscattarmi nell'inglese e dimostrare a me stesso e agli altri che valgo. La verità è che ho fatto qualcosa in più: ho imparato abbastanza bene una lingua e mi sono dato un nuovo obiettivo, che è stato in grado di regalarmi un progetto di vita. A distanza di un anno sono tornato in Irlanda, da solo stavolta, avendo così la possibilità di dedicare tempo a riflettere e penso che si sia visto con tutto quello che ho scritto nel mio diario: ho capito che devo essere desideroso, curioso, sfrenato nelle mie passioni. Il futuro è ancora per me un mistero, e lo sarà sempre, ma non è più segreto il mio procedere verso ciò che mi aspetta: sono giunto alla consapevolezza di quello che voglio fare nei prossimi mesi ed anni, infischiandomene delle avversità che possono presentarsi: io sono solo padrone dei miei comportamenti, e mi basta così. So come devo raggiungere i miei obiettivi, cosa devo leggere e studiare, so come devo presentarmi agli altri, ovvero come mi devo vendere, so perfettamente quali siano i miei pregi e difetti. Sono tornato ad ascoltarmi e quindi conoscermi. Ho capito di essere troppo “sovraffollato” di idee, sogni e progetti. Sono troppi, si sono accumulati nel corso degli anni, alcuni sono anche ridicoli, altri importanti. Quello che devo imparare a fare è fissare questi obiettivi, metterli in ordine gerarchico e redigere un piano di studio e di vita del quotidiano che sia coerente con i miei desideri. L'eticità del desiderio: se non soddisfi i tuoi desideri arrivi alla malattia mentale. Organizzare il mio tempo, organizzare la giornate. Essere padrone del mio tempo. Essere padrone dei miei desideri. Ogni volta che mi spavento devo pensare a quanto io sia bello desiderare e vivere per soddisfare i miei desideri. Edonismo etico.
Aver definito dei progetti mi ha permesso anche di capire come questi siano molto differenti da quanto ha a cuore Marta. La mancanza di una condivisione di progetti ci ha diviso: l'Irlanda mi ha insegnato anche questo: mentre io desideravo un'esperienza di vita in un altro paese per crescere professionalmente e personalmente, per dare a mio figlio una vita meno sedentaria e quindi più avventurosa, Marta aveva nostalgia dell'Italia. Non ci siamo più trovati, su di noi è calata una cortina di silenzi, che ci ha divisi: abbiamo forse capito lì che tutto era perduto, che le nostre persone non erano in grado di soddisfarsi l'una con l'altra. Che esperienza radicale che ho saputo vivere in Irlanda, e quanto questa mi è servita, anche se ho pagato uno scotto molto salato. Buttarsi per provare un'avventura: che sia questo un modo per guarire e portare ordine alla propria vita?
Ex membro
Continuo a scrivervi perché mi piace farlo, perché forse mi illudo che tutto quello che vi sto dedicando possa esservi un poco utile, o anche solo piacevole. Oggi il mio stato d'animo è molto precario: credo di essere ad un punto di svolta, anche se credo di essermi avvicinato al punto di svolta più volte! Eppure adesso, proprio ora mentre scrivo, ho il cuore preso dall'ansia ma la testa con qualche consapevolezza in più: l'idea che possa gestire l'ansia, la depressione e la mia scarsa stima. Forse domani sarò punto e a capo, ma oggi voglio credere che sia possibile. E' come se fossi predo da un sentimento di scoramento e di gratitudine alla vita: spero che quanto scritto sotto possa essere più chiaro della presentazione un po' ridicola che finirà con questo punto.
Sono divorato dall'ansia per ciò che ho letto e per la mia chiacchierata con il mio psicoterapeuta. Ho forse capito la causa scaturente di tutto questo rumore di immagini e sogni nella mia testa: ho fondamentalmente paura di fallire, per questo continuo a prevedere possibili immagini del futuro, e per questo rifiuto la vita sociale, in quanto anch'essa imprevedibile e spesso spietata nei giudizi. Dovremmo essere tutti più consapevoli di quanto la nostra vita sia casuale. Devo però anche razionalizzare la mia paura, ricordandomi ad esempio ciò che diceva Beckett: fallisci ancora, fallisci meglio. L'Irlanda è stato un fallimento da un certo punto di vista, però un bel fallimento. Ho comunque vissuto un'esperienza notevole e utile, e ancora una volta mi sento caro a questo paese perché ha saputo regalarmi maggiore chiarezza. Forse ho in mano un pugno di mosche, forse sono allo stesso punto di prima, ma non mi sono pentito di essere venuto qui: comunque ho raccolto qualcosa di buono, comunque ho vissuto bene. Ho fallito con Marta, ma le cose hanno preso pieghe inaspettate, permettendomi di vedere il futuro con un'altra prospettiva, smentendo in parte le mie fantasie, rivelandomi un futuro più fortunato di quanto potessi sperare. Almeno fino ad ora. Sono solo padrone delle mie scelte. Le conseguenze sono sia positive che negative. Siamo vittime del fato, questo è capriccioso e folle, pieno di contraddizioni, spetta a noi coglierle nella loro interezza, tutto è costo-opportunità. Non ho mai rischiato, questo è quello che mi fa dire che non ho avuto una vita. Devo farlo, almeno con le cose a cui tengo di più. I miei desideri sono scommesse, è l'ora di puntare un poco di tempo. Prufrock dosava la sua vita con cucchiaini di thè. Non può essere il mio caso, perché la mia vita è tale per cui non posso che rischiare. Vedi il lato positivo, se non mi fosse successo tutto questo, non avrei avuto il coraggio di fare grandi cose, o grandi fallimenti. Imparerò a rischiare, a non dosare la mia vita, ad aspettare che il mio futuro si dipani, che si srotoli leggero come un gomitolo di lana. È l'occasione per poter adottare dei comportamenti che non avrei mai adottato prima: se l'arrivo di Alberto è stato per me motivo di smarrimento e confusione, ora deve essere occasione di riscatto: per lui devo riuscire. Lui è il mio pensiero felice, necessario per volare. La mia vita è casuale, è folle, è imprevedibile; sono io che devo dargli un senso. Devo fare letteratura. Devo inventarmi una storia della mia vita. Guardo il passato e vedo un filo conduttore, illudermi che ci sia, per dare un senso a tutto. È l'unico atto di fede che riesco a vivere: credere che tutti i miei problemi, le mie disavventure, la mia cattiva sorte sia un punto fondamentale per un'avventura straordinaria. Devo dare un senso positivo alla nascita di mio figlio: devo attribuire a questo evento un significato diverso: è stata la mia nascita. Esprimermi anche fallendo, sapendo che lo posso fare. Ma come? Cosa posso fare per esprimermi? Ok, c'è la relazione sociale che devo curare, ma io voglio che questa sia molto sviluppata, anzi voglio vivere di socialità. Voglio essere all'interno di un mondo variegato e complesso, pieno di persone, che siano spettatori e interpreti. Questo è il mio grande desiderio del momento, questo è ciò che voglio anche per il mio lavoro: cultura e persone. Non è il marketing, non sono le vendite, non è l'alta finanza: voglio qualcosa di più etico, qualcosa di più sincero, di più altruistico, più culturale. Voglio esprimere me stesso, anche rischiando di essere un giorno visto come uno scemo, devo essere presuntuoso in questa parte della mia vita. Ecco che capisco perché la mia immaginazione mi può salvare la vita: mi permette di ripetere con convinzione e forza questa verità. Mi permette di immedesimarmi meglio in queste parole e nella fede che io riverso in esse
Ex membro
Alessandro, tu hai all'attivo studi umanistici? Te lo chiedo perché, dopo anni e anni passati sui libri, non riesco più a leggere nemmeno una pagina, o quasi. Soprattutto la letteratura mi pare avermi tradita. E quando sento parlare di "cultura" provo un senso di angoscia, di nausea. Non penso più che "la cultura" possa salvare nessuno. Di sicuro, non ha salvato me.
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Ex membro
Volevo iniziare questa discussione per motivi ovviamente personali. Sto soffrendo di un forte stato confusionale, soprattutto di carattere emotivo. Passo da momenti di cupa malinconia a momenti di forte esaltazione. Sento intorno a me qualcosa aleggiare. Non so se sia depressone o meno, ma questo dolore mi gira sempre intorno, mettendomi ansia. Mi attacca con grande violenza, per poi ritirarsi e darmi l'illusione che tutto possa finalmente essere passato. Mi trovo prigioniero di un eterno ritorno. Inoltre sono affetto da una forte eccitazione nervosa, la quale mi impedisce di fare fronte allo stress emotivo che subiamo tutti i giorni: è sufficiente la reazione smodata di una persona, o smodata per la mia percezione della cosa, per piombare in mille pensieri e lamentele personali. L'incapacità di saper gestire emozioni mi porta all'isolamento. L'isolamento a sua volta mi porta a parlare molto da solo e a fantasticare sulla mia vita molto più di quanto vorrei. Il tempo che perdo in questa attività immaginifica è enorme, impedendomi di poter svolgere le attività reali che ho in mente. La mia è una qualche forma di procrastinazione.
Qualcuno si riconosce in questa descrizione? E se si, come vive tutto questo? Che possibilità ci sono di guarire?
Grazie, anche per chi solo ha avuto il tempo di leggere queste parole.
Alessandro