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Credere in dio ti aiuta ad accettare la tua malattia?
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per tutti: Il disturbo di conversione (noto anche come 'isteria' o 'nevrosi isterica') è caratterizzato dalla presenza di uno o più sintomi neurologici (ad es., paralisi, cecità e parestesie) che non possono essere spiegati da una malattia neurologica o internistica nota. Inoltre, la diagnosi richiede che all'esordio dei sintomi siano associati fattori psicologici. La sindrome, attualmente definita disturbo di conversione, era in origine associata alla sindrome ora nota come disturbo di somatizzazione e generalmente definita isteria, reazione di conversione o reazione dissociativa. Attualmente si limita la diagnosi di disturbo di conversione ai sintomi che coinvolgono una funzione volontaria motoria o sensitiva, cioè ai sintomi neurologici e laddove il medico non è in grado di spiegare i sintomi neurologici sulla base di qualche malattia neurologica nota.
La diagnosi di disturbo di conversione richiede dunque che il medico identifichi un'associazione necessaria e indispensabile tra la causa del sintomo neurologico ed i fattori psicologici. Caratteristiche cliniche. Paralisi, cecità e mutismo sono i sintomi più comuni del disturbo di conversione.
piacereparadossaleblogpost.it/
AlessandroSEAM
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AlessandroSEAM
Ultima attività il 03/04/22 alle 21:13
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Amico
Scusa Gianluca ma non capisco quanto hai scritto nel corso della conversazione. Hai più volte ribadito che ogni malattia è la conseguenza di uno scompenso emotivo: l'accumulo di rabbia, se spinto all'estremo, può renderci assuefatti fino al piacere masochistico di cercare la rabbia; tanto da considerare il malato come una persona che si è auto inferta il proprio male. Hai aggiunto che in questa condizione di foga rabbiosa si adottano comportamenti violenti, quasi sadici, sia verso se stessi sia verso gli altri. Forse semplificando un po' troppo ma hai portato come tesi la relazione conseguenziale tra stress emotivo e comportamento malato, sempre di matrice violenta. Nel tuo ultimo intervento ti sei soffermato sul disturbo di conversione, malattia psicosomatica, per altro ancora molto dibattuta all'interno della comunità scientifica, che induce il paziente ad avere disturbo fisici gravi a causa di un disagio psicologico. Insomma nel primo caso mi sembra che il malato sia cosciente del proprio comportamento distruttivo, addirittura ricercandolo, ma in questo secondo esempio le conseguenze sembrerebbero totalmente inconsce. Non credi che ci sia una contraddizione di fondo nell'azione del malato? È vittima o carnefice? Perdonami se vado oltre: non sono un medico, non ho competenze di alcun genere, posso solo presentare il mio caso, e non mi sembra che tutto ciò che io stia vivendo sia riconducibile a quanto detto da te. Il disordine ossessivo compulsivo è un disturbo che ho fin da bambino, non certamente innescato da un contesto familiare violento o da episodi spiacevoli del mio passato. Non sono minimamente saturo di rabbia. Sono impaziente, molto scoraggiato dalla realtà in cui viviamo e desideroso di riscattare una piccola porzione di mondo. In me si annidano molti sentimenti, spesso ambivalenti e che agiscono in simultanea. Credo che nessun essere umano riesca ad essere monotematico in ciò che prova, lasciandosi solamente divorare da una emozione: la rabbia. Abbiamo in noi una rosa di sentimenti molto ampia, piena di sfumature, tanto da avere alcune volte difficoltà a comprendere fino in fondo quanto si sta provando. Ridurre tutto alla rabbia, al suo ribollire frenetico, non ti sembra una tesi troppo semplicistica? Tradurre la vastità Delle emozioni umane in un unico termine, non ti sembra un po' troppo? Aggiungo un'ultima cosa: tutto questo cosa c'entra con la ragione della discussione, ovvero la fede nella malattia? Prova a spiegarci come vivi la malattia, se tu abbia visto in questa particolare situazione un'opportunità di crescita oppure un evento funesto e privo di lati positivi. Parlaci di te, non di ciò che credi essere la diagnosi della malattia. Grazie!
Baptiste
Buon consigliere
Baptiste
Ultima attività il 01/10/24 alle 09:36
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Baptiste.
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Ritafreddy
Membro AmbasciatoreBuon consigliere
Ritafreddy
Membro Ambasciatore
Ultima attività il 09/02/24 alle 23:24
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Anche io non trovo assolutamente chiare le spiegazioni del dottore.Sono fibromialgica da 30 anni eppure non ho subito ne crisi economiche nè sentimentali ne di altro tipo. Non ho motivo di provare rabbia se non quella che provano tutti nella vita ps per le ingiustizie sociali o le guerre che uccidono innocenti.Stando alle sue considerazioni più della metà se non tutti dovrebbero soffrire di fibromialgia e così non è.Oltretutto in molti paesi è riconosciuta come malattia invalidante!L isteria da conversione da me studiata alla unjversita (Charcot Breuer Freud) mi sembra portasse alla paralisi,alla cecità,al mutismo non al dolore.Mio marito medico (disturbi cognitivi)me lo conferma.A riprova posso dire di aver avuto forti dolori in momenti di massimo benessere e sono stata senza dolori in momenti brutt icome il lutto per la morte di un genitore.
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Ritafreddy
giupipino
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giupipino
Ultima attività il 11/03/24 alle 17:06
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Cara Ritadreddy,
Voglio complimentarmi con te per la tua intelligenza e porgerti qualche mio ragionamento, nella speranza che, ragionare sulla salute e sulla malattia, possa essere utile ad entrambi (me e te).
La medicina ufficiale è tutt'altro che una scienza. Più che dalla medicina noi veniamo curati dai medici, molti dei quali sono perfettamente consapevoli che condizione primaria ed essenziale affinché possano curare la malattia è quella di entrare in EMPATIA col MALATO. Così come non è la medicina a curare, ma il medico, non è la malattia a dover essere curata, ma il PAZIENTE. Ed è impossibile curarlo se non si entra in contatto emotivo con lui mediante la sensibilità, l'attenzione, la CURA verso di lui, cercando di capire il suo caso personale, che è diverso da quello di tutti gli altri. Ogni paziente è un caso a sé, anche se la medicina li classifica tutti allo stesso modo, ad esempio fibromialgici, o diabetici.
Ecco, quest'ultimo è il mio caso. Sono stato curato per una decina di anni per moltissime patologie, fra cui diabete T2, trigliceridi, colesterolo, gotta, poliposi intestinale, iperplasia prostatica benigna, ipertensione, eccetera.
Il brutto era che più cure mi davano e più le mie malattie aumentavano. Sono arrivato a dover prendere undici pasticche al giorno e al contempo a ritrovarmi con l'insonnia, la depressione, l'impotenza, eccetera. Il MEDICO che mi curava attribuiva TUTTE le mie patologie alla ereditarietà.
Mi diceva che il mio diabete T2 era ereditario. La mia trigliceridemia (450 di valore) era ereditaria. La mia poliposi era ereditaria. Eccetera. E così aumentava il numero di medicine e le dose.
Fino a che ho capito che il problema non era l'ereditarietà. Il problema era il MEDICO.
Purtroppo esistono gli imbecilli anche tra i medici. Come del resto in tutte le categorie.
Ho cambiato medico. Ho curato la mia OBESITA'. Ho curato la mia alimentazione e ho cominciato a fare un'ORA di movimento quotidiano e lentamente, ma con continuità, TUTTE quelle mie patologie, che avrebbero dovuto essere inguaribili, sono sparite.
Adesso sono DUE ANNI che non prendo farmaci e sto benissimo. Sparita l'insonnia (mi alzo una sola volta per notte, per fare pipì), sparita la depressione, la smemoratezza e il resto.
A volte, per guarire, occorre liberarsi dagli imbecilli, che si fanno chiamare DOTTORI, e contare solo sulle proprie forze. E sulla propria intelligenza. E siccome quella non ti manca, sono sicuro che ce la farai. Basta trovare la chiave giusta.
Nel mio caso la chiave era: "Ti sei trascurato troppo. Occupati di te stesso, stimati e comincia a volerti bene. Che gli altri se ne fottono".
Nel tuo caso sarai TU a trovare la chiave.
Un abbraccio
---giuseppe---
luporosso
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luporosso
Ultima attività il 23/09/17 alle 13:49
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Concordo con il nuovo spirito degli ultimi interventi, anche se spezzerei una lancia a favore dei medici (che fanno quello che possono, tenendo anche conto del pochissimo tempo che possono dedicare a ciascuno di noi. Credo che si passi molto più tempo in sala d'aspetto che davanti al medico). Sono anche d'accordo con le considerazioni sull'occuparsi di se stessi,di puntare sulla crescita dell'autostima ecc. Il che richiede tenacia,idee abbastanza chiare e una discreta forza d'animo (che forse non tutti hanno. Parlo per me,ovviamente: le mie vittorie - poche - e le mie sconfitte nelle diete alimentari mi fanno convinto di non essere poi così forte come credo).
Ribadisco comunque il mio convincimento che fare da soli è più difficile, e che le nostre battaglie per imparare a governare meglio sia il corpo che la mente hanno migliori chances di riuscita, se riusciamo a vederle inscritte in una storia, in un progetto che cammina e che va da qualche parte.Certo,la direzione non è chiara, e men che meno quello che saremo domani,o tra "n" anni (come amano dire i matematici), e soprattutto "dopo" che gli "n" anni che ci sono assegnati,sono finiti. Di sicuro non siamo "arrivati":nessuno di noi. C'è sempre spazio e modo per evolvere (o anche "involvere",nel senso di ritornare indietro).
L'esperienza di tanti,tra cui metto anche me stesso, è che , mentre cerco di lavorare su di me, come giustamente dice Giuseppe giupipino, cerco anche di interfacciarmi con gli altri (il prossimo,secondo il noto concetto cristiano). Anzi,trovo che aprirmi al prossimo ( operazione tutt'altro che facile, va detto...) è un forte aiuto a superare i "miei" problemi. Se poi immagino che questi percorsi (con tutte le loro incoerenze, le piccole e grandi vigliaccherie, le ipocrisie, insomma quelle che,sempre in gergo cristiano si chiamano "le cadute") siano inserite in un continuo confronto con il mistero dell'esistenza, e se immagino che questo mistero non sia un buio vuoto o magari ostile, ovvero una condizione di non-senso e di annullamento, bensì una realtà viva, amichevole, che non conosco ma che non è inaccessibile, e che potrò conoscere,da un certo punto in poi; che non mi rifiuta ma mi cerca e mi chiama e vuole essere cercata e chiamata da me, allora la fatica di lavorare su di me e sui miei problemi,da cui sono partito, diventa meno pesante e trova forza in un positivo e finalizzato "senso" dell'essere e dell'andare avanti.
E se in questo mistero "accetto di riconoscere" la presenza di Dio, posso chiiudere il cerchio,perchè ho trovato che, effettivamente, "credere in Dio" mi ha aiutato,sia nella malattia specifica,sia in quella,generale e di cui tutti soffriamo,che è "il male di esistere". Ovviamente "accettare di riconoscere" nel mistero dell'esistenza la presenza di Dio (almeno nel senso che ho cercato di indicare), non è vincere al Totocalcio,all'improvviso e una volta per tutte (ecco,adesso sono a posto). E' a sua volta una battaglia quotidiana, una ricerca continua,un approfondimento (una conversione,come dicono i cristiani) che non finisce mai. Al riguardo,sono debitore a uno di voi (Alessandro SEAM,se non sbaglio) di una descrizione di un mio pellegrinaggio a Medjugorje. Non mi sono scordato. Sto cercando il momento giusto e il clima giusto tra noi.
Luporosso
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?????
AlessandroSEAM
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AlessandroSEAM
Ultima attività il 03/04/22 alle 21:13
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Ciao Giuseppe;
Nel tuo intervento hai giustamente ribadito l'importanza della fiducia tra medico e paziente. Una buona cura può partire solamente se il professionista entra in empatia con il malato. È indubbio l'effetto positivo di un confronto franco, di un dialogo costruttivo e sincero. La psicoterapia ha fatto suo questo principio, e sempre più medici stanno cambiando il loro comportamento, dimostrando più premura a favore del paziente. Forse è solamente un palliativo, utile più per l'umore che per il percorso di guarigione, ma chiamiamolo poco!
Ho difficoltà a comprendere come tu possa essere guarito dal diabete con diverse sedute psicoterapeutiche. Innanzitutto perché dal diabete non si può guarire: si può tenere sotto controllo il livello glicemico del sangue, con una corretta alimentazione ed esercizio fisico quotidiano; ma la completa guarigione è ancora un miraggio medico. Forse ho capito male io, ti chiedo la cortesia di spiegare meglio la tua esperienza.
giupipino
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giupipino
Ultima attività il 11/03/24 alle 17:06
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Caro Alessandro,
Cero che hai capito male. Tu dici:
"Ho difficoltà a comprendere come tu possa essere guarito dal diabete con diverse sedute psicoterapeutiche. Innanzitutto perché dal diabete non si può guarire: si può tenere sotto controllo il livello glicemico del sangue, con una corretta alimentazione ed esercizio fisico quotidiano; ma la completa guarigione è ancora un miraggio medico. Forse ho capito male io, ti chiedo la cortesia di spiegare meglio la tua esperienza. "
Adesso io ti chiedo: quando mai mi sono sognato di dire che sono guarito dal diabete con SEDUTE PSICOTERAPEUTICHE?
No. Io la psicoterapia, per mia fortuna, non so neanche cosa sia. Tutta la mia competenza in questo campo è la lettura de: "La interpretazione dei sogni" di Freud. Libro che peraltro, a parte alcuni spunti interessanti, non condivido affatto. Per me la psicoterapia è un cumulo di dogmi indimostrabili. Tanto vale affidarsi alla religione, ai santoni o alla medicina omeopatica. A mio parere si ha una maggiore probabilità di guarire dai propri problemi di salute (anche mentali, nel caso dovessero esserci) affidandosi a questi ultimi metodi. Non è un caso che dopo un secolo e passa di sperimentazione di tale metodologia, applicata alla cura di malattie psichiatriche, il tutto si sia sgonfiato come una grande bolla di sapone.
Riguardo la tua seconda affermazione, ovvero:
" dal diabete non si può guarire: si può tenere sotto controllo il livello glicemico del sangue, con una corretta alimentazione ed esercizio fisico quotidiano;"
anche questa è completamente falsa. Se infatti a distanza di due anni dalla sospensione di ogni tipo di cura, i miei parametri fisici (glicemia a digiuno e emoglobina glicata) sono AL DI SOTTO dei valori utilizzati per fare la diagnosi di diabete, IO SONO GUARITO. Il fatto che per mantenere tali valori io scelga di mangiare pesce, pollo, verdure, legumi, ortaggi e di non mangiare dolci, biscotti, patate o banane e di non bere bevande zuccherate, coca cola, latte e vino, NON significa che io sia malato.
Sono GLI ALTRI, quelli che si abbuffano di zuccheri, dolci, bevande zuccherate, grassi animali, formaggi eccetera ad ESSERE POTENZIALMENTE malati. Perché è SICURO che loro si ammaleranno, prima o poi, di diabete, mentre io, con la mia alimentazione e il mio movimento quotidiano, non mi ammalerò più.
AlessandroSEAM
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AlessandroSEAM
Ultima attività il 03/04/22 alle 21:13
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Ti chiedo scusa per la svista sulla psicoterapia Giuseppe. Avevo capito dal tuo intervento che eri stato seguito da un medico nuovo, capace di farti fare una svolta.
Sotto allego il link del sito Humanitas, centro di ricerca medica tra i più avanzati in Italia. Vi è una breve descrizione del diabete, definita come malattia cronica e, purtroppo, inguaribile, ovvero non vi è una soluzione definitiva al problema. Grazie per la lettura.
http://www.humanitas.it/malattie/diabete
giupipino
Buon consigliere
giupipino
Ultima attività il 11/03/24 alle 17:06
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Amico
Caro Alessandro,
In nessuna parte del sito a cui tu fai riferimento c'è scritto che il diabete T2 è una malattia INGUARIBILE.
Ma, se leggi con attenzione c'è scritto:
"Per diagnosticare il diabete è necessario effettuare un esame del sangue.
La patologia viene riscontrata in presenza di 2 valori di glicemia a digiuno (FPG) maggiori di 126 mg/dl in 2 giornate differenti, o quando il valore dell'emoglobina glicata è > 6.5% e viene riconfermato in un prelievo successivo (almeno 3 mesi dopo), o ancora quando viene individuato un valore casuale > 200 mg/dl in presenza di alcuni sintomi (poliuria, polidipsia, stato confusionale, alterazioni visive o altro ancora)."
Adesso io ti chiedo: se a distanza di due anni che non prendo medicine, i miei valori di glicemia a digiuno e di emoglobina normale dichiarano che io NON sono diabetico, perché nettamente e costantemente ALDISOTTO dei valori patologici, mentre due anni fa ero stato dichiarato DIABETICO, perché i miei valori ematici lo richiedevano, allora io sono guarito o no?
Ti faccio un altro esempio perché mi pare che fai fatica a capire (non sei il solo).
Si è dichiarati IPERTESI quando la pressione sanguigna supera i valori 140 (di massima) oppure 90 (di minima).
Se io sono un iperteso e, eliminando il sale, l'alcol e il caffè la mia pressione ritorna nel range dei valori normali io sono guarito o no? Ovvero cosa pensi che io sono ammalato perché ho scelto di nutrirmi bene e di non danneggiare le mie arterie?
Cerca di ragionare Alessandro, perché alla base della salute non ci sono né i medici, né tanto meno le medicine. Alla base della salute c'è, anzitutto, la nostra capacità di ragionare e di capire cos'è la salute e cos'è la malattia.
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