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Credere in dio ti aiuta ad accettare la tua malattia?
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giupipino
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giupipino
Ultima attività il 11/03/24 alle 17:06
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11 delle sue risposte sono state utili ai membri
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Ciao Luporosso,
Credo che tu ti faccia domande troppo difficili. Addirittura ti chiedi cos'è la sofferenza. Se serva a qualcosa oppure se è solo una delle molteplici manifestazioni esistenziali, al pari della gioia, dell'amore, della tristezza, dell'angoscia, della depressione.
Io non so cosa bene cosa sia la vera sofferenza fisica e mentale, quella che nasce da una delle malattia terribili e, purtroppo sempre più diffuse, come SLA, tumori, depressione, stanchezza cronica, Alzheimer, eccetera.
Il massimo dolore che ho provato nella vita, per mia fortuna, è il colpo della strega, che mi ha fatto soffrire qualche giorno d'inferno.
Quello che so di sicuro è che è del tutto assurdo farsi sfiorare dal sospetto che questa sofferenza sia mandata da un qualche Dio per farci espiare eventuali peccati, nostri o dei nostri progenitori. Oppure per avvicinarci a Lui.
E so anche con certezza che, se per mia sfortuna dovessi un giorno provare tale tipo di sofferenza NON mi rivolgerei a Dio perché l'allontani da me.
L'accetterei, come accetto i miei capelli bianchi e gli anni che passano.
Dio per me è Qualcosa di molto più grande con un compito molto più gravoso che non quello di occuparsi dei dolori di un piccolo uomo in una corsia d'ospedale. Di tale dolore devono occuparsi i medici che lo curano.
Dio, se esiste, ha già troppo da fare per tentare di salvare una umanità di figli Suoi che utilizzano la libertà che Lui gli ha dato per tentare di autodistruggersi in ogni modo.
luporosso
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luporosso
Ultima attività il 23/09/17 alle 13:49
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Grazie,giupipino. Ovviamente l'ipotesi del dolore come castigo(che non è certo mia) serviva solo come provocazione. Anche se - in quella Bibbia che alcuni di noi hanno ripetutamente chiamato in causa, nei modi più diversi -si dice tra l'altro che "Dio i suoi li prova nel fuoco" (c he però è cosa del tutto diversa dal Dio.Giudice, dal Dio che punisce o,peggio,col Dio capriccioso che si diverte a tormentare le sue creature.
E d'altra parte, è un fatto più che notorio che molti si ricordano di Dio quando sono colpiti pesantemente dalla sofferenza,mentre quando tutto va bene,chi si ricorda di Lui ?
Quanto alla concezione di un Dio che ha tempo da perdere con il piccolo uomo (con Te,con me, con ciascuno di noi) : Cristo parlava di Lui come di un "abbà", un papà affettuoso e tenero che non si dimentica di nessuno.
Capisco che non è facile cercare di fare proprie queste immagini, mettendole alla base delle nostre convinzioni,o meglio ancora della nostra visione generale dell'esistenza. Sono questioni che sollevano nuvole di domande senza risposta e che confliggono non poco con l'intelligenza di cui ci troviamo dotati
Eppure,non pochi che si sono inoltrati su questo percorso hanno fatto esperienze sorprendenti e capaci di cambiar loro la vita. E non solo nel medioevo,ma anche ai nostri giorni.
Grazie ancora per aver accettato di proseguire il discorso.Chissà che qualche altro prenda il coraggio a quattro mani e Ti(ci) segua.
Luporosso
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?????
AlessandroSEAM
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AlessandroSEAM
Ultima attività il 03/04/22 alle 21:13
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Ciao Luporosso,
Ho letto i tuoi ultimi post e vorrei fare qualche considerazione con te. Soffro di disordine ossessivo compulsivo, una malattia mentale molto fastidiosa. Essa ti impedisce di essere padrone dei tuoi pensieri, sfiancandoti con continue immagini violente e catastrofiche. Senti dentro di te una grande confusione, costringendoti a vivere in un mondo nebuloso, sfocato, privo di tranquillità. A questi irrefrenabili pensieri si associano comportamenti patologici invasivi, atti a disinnescare il disordine mentale, ma spesso e volentieri sono semplici palliativi, e spesso peggiorano il disagio psichico.
Come molti ho provato a interpretare la mia malattia cercando di darne un senso, inserendola nella trama della mia vita. Raramente mi sono chiesto del perché sono malato, molto più insistentemente mi sono interrogato sulle opportunità che la Doc può offrirmi. Quando la sintomatologia è diventata opprimente, portandomi alla deriva di me stesso, mi sono rivolto a dei professionisti. Mai avrei immaginato che il mio malessere mi avrebbe portato a compiere un percorso di guarigione anche utile sul piano esistenziale, suscitando in me lo stupore di quanto sia stata utile la malattia per scoprire me stesso. Senza la Doc sarei stato come tante altre persone che vivono nella inconsapevolezza di se stessi, automi in una vita di banale quotidianità. Ora, anche grazie ad una cura farmacologica efficace, sono stimolato a migliorarmi: leggo molto, mi interrogo su tanti dubbi e riesco ad affrontare il mio dolore con coraggio.
Posso dire che la malattia sia stata un dono divino? Oppure una prova che l'onnipotente mi ha presentato e che io sto faticosamente vincendo? Non credo. Le cause della Doc sono biologiche e psicologiche, e come tutte le malattie colpisce i soggetti che presentato caratteristiche comuni. Si riscontrano con maggior frequenza malattie mentali in coloro che sono stati concepiti da genitori anziani, come nel mio caso, oppure cresciuti in un contesto familiare instabile o violento. Parrebbe che ci sia anche una correlazione tra intelligenza e malattia. Sono solo supposizioni confermate da ricerche statistiche ma ancora ignote alla medicina, che ha il compito di verificare se ad una correlazione sottende un effettivo rapporto causale.
Come vedi io ritengo che siamo vittime del caso, succubi di coincidenze ed eventi fortuiti. Non vedo dietro al caos della vita una qualche entità eterea e onnipresente. Credo invece che siamo chiamati a riconoscere una dignità a quanto viviamo, al fine di riconoscerci in una persona di valore. Siamo gli scrittori della nostra storia di vita, autori di una trama che mette ordine a episodi fortuiti che ci accadono.
jantes
jantes
Ultima attività il 02/05/19 alle 20:16
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Luporosso.. Accetto il tuo prolisso, e cmq resto fedele al mio Pensiero, siamo troppo intelligenti per non credere all'INTELLIGEZA.. che chiaramente Suppone il Dio dei credenti!! :) E' un anno che soffro di artrite psoriasi, alché mi impedisce di camminare a causa delle piaghe fin sotto la pianta dei piedi, non riesco a pregare poiché so che non mi ascolta Nessuno, avere Fede, perché!?? Per chi!?? Ho visto morire tanti amici e parenti nel mio percorso, ho addirittura tentato un contatto spiritico.. Niente, i sogni sono fatui, non ti danno nulla di scontato.. La Verità dovrebbe darci un Segno, e ripeto ancora... DOV'E' DIO???


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Gianfranco
luporosso
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luporosso
Ultima attività il 23/09/17 alle 13:49
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Ciao AlessandroSEAM e ciao Jantes.
Non sono sicuro di aver capito cosa sia la "Doc" di cuui parla Alessandro. Tuttavia trovo molto interessante e costruttiva la sua esperienza. Posso dire di riconoscermi in molte delle cose che condivide con noi. Non sono d'accordo,invece, sulle conclusioni del suo ultimo paragrafo: ""ritengo che siamo vittime del caso, succubi di coincidenze ed eventi fortuiti"" E questo,perchè ""non vedo dietro al caos della vita una qualche entità onnipresente"". E questo,indirettamente,si lega a quello che dice e ripete Jantes :"Dov'è Dio? Non riesco a pregare poiuchè so che non mi ascolta Nessuno".
Secondo me,siete entrambi piuttosto vicini al cuore del problema che ci ha posto il moderatore,quando chi ha chiesto se "credere in Dio possa aiutarci ad accettare la nostra malattia". Ma,come ho già cercato di dire, entrambi vi avvicinate alla risposta dalla parte,scusate, "sbagliata". Nessuno esclude che si possa arrivare ad accettare il proprio stato di sofferenza, "per via umana",per aver perseguito un percorso diretto al raggiungimento dell'equilibrio interiore, per aver fatto proprie tecniche collaudate di autocontrollo e così via. Non è facile, ma succede,come chiaramente testimonia lo stesso AlessandroSEAM.
Personalmente,sono convinto,e richiamo aspetti esperienziali a conforto di quello che dico, che questa soluzione sia parziale e,in fondo,non del tutto soddisfacente. E' troppo facile parlare di "caso", o di eventi più o meno fortuiti;è t in carta bollata,roppo frettoloso valutare un fatto chiamandolo "coincidenza",anche quando queste "coincidenze" si ripetono. Noi,che in base al nostro scetticismo ed alla nostra curiosità siamo "dietrologi" per definizione, ci fermiamo -secondo me-troppo presto. Volontariamente evitiamo di affrontare domande sul perchè di quello che accade, e che ci accade.Immagino che questo sia dovuto-come dice Jantes- che a queste domande Nessuno risponde. Ma siamo proprio sicuri che sia così ? O forse pretendiamo risposte precise,in carta bollata, del tipo "a domanda risponde"? O facciamo come quel vescovo di Mostar che contesta le apparizioni di Medjugorie,perchè quella che viene spacciata per la Madonna, "non si comporta come una Madonna"? Diciamo che Dio non risponde, che non riusciamo a leggere tra le righe di ciò che accade, che la realtà ci appare retta dal caso. Ma abbiamo davvero,seriamente,provato ? La nostra domanda ci dice: il fatto di credere in Dio può aiutarci nella nostra sofferenza? Ma posso rispondere,senza aver prima tentato,onestamente, nella verità dei miei moti interiori,di cercare questo Dio, di chiamarlo,di farlo partecipe della mia realtà ?
Luporosso
PS: Jantes ha ragione:sono davvero prolisso e logorroico. Vi chiedo scusa !!!
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?????
promises
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promises
Ultima attività il 13/12/24 alle 13:29
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Amico
Preferisco la realtà della mia malattia che vivere, comunque malata, nell'illusione.
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Se sono normali non li vogliamo...
luporosso
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luporosso
Ultima attività il 23/09/17 alle 13:49
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A Promises.
Allora ci sono solo quella realtà e quella illusione ? Sei sicura che non ci siano altre realtà, ugualmente reali, nelle quali puoi trovare la spiegazione alle troppe cose non comprensibili,ingiuste,contraddittorie, di cui è piena la nostra ? Solo perchè questa spiegazione, per emergere, ha bisogno di tempo, di pazienza, di dedizione,di accettazione, di disponibilità, e comunque si presenta per chiaroscuri, in modi poco percepibili dai nostri (limitatissimi)cinque sensi? Non ti voglio fare esempi,adesso, ma se ci pensi, trovi anche tu casi abbondanti di persone come noi che si sono poste davanti a queste "altre" realtà, e ne hanno tratto esperienze esaltanti, tali da cambiare loro la vita. In modo effettivo,"reale", duraturo nel tempo . E ne sono diventati testimoni più che credibili. Non ti parlo di santi,veggenti e personaggi similari,ma di gente normale, con tutti i suoi difetti, il suo scetticismo, le sue perplessità.
Certamente ,se rimango schiacciato sulla mia malattia (l'espre3ssione cruda sarebbe:se rimango a contemplarmi l'ombelico,magari malato,come se fosse tutto il mio mondo), non vado molto lontano. Ma se questo non mi basta, se provo (metaforicamente) ad alzare gli occhi, potrei trovarmi davanti a qualcosa che non aspettavo. E' fatica,ovviamente. E' la salita sul monte, è inoltrarsi su una via stretta,piena di dubbi e di incertezze. Ma è anche una ribellione contro quella realtà che la malattia ci vuole imporre, è il tentativo di dimostrare che "non siamo solo malattia", che siamo più forti della sofferenza, che il nostro mondo ha molto di più anche dei limiti fisici contro cui siamo chiamati a combattere con medici , medicine, esami,interventi e quant'altro. Un mondo che "se ne frega" anche della morte, perchè i suoi spazi e le sue realtà (realtà,non illusioni...!) scavalcano anche il fatto della cessazione del funzionamento della macchina di carne, di sangue,di ossa,dentro la quale siamo sistemati.
Luporosso
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AlessandroSEAM
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AlessandroSEAM
Ultima attività il 03/04/22 alle 21:13
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Ciao Luporosso,
Ti ringrazio per la risposta. Sei un membro attivo di questo sito e mi fa molto piacere sentirti così partecipe: è uno stimolo per molti di noi.
Ti interroghi del perché di una malattia. La domanda Perché? è molto ambigua: ci si sta interrogando sulle ragioni della malattia oppure sulle sue finalità? Causa o conseguenza? Proverò a rispondere ad entrambi i quesiti.
La causa della malattia è un dedalo di fattori, spesso connessi tra loro, che richiedono di essere analizzati singolarmente in un lungo percorso terapeutico. Alcuni sono stati elencati nel mio precedente intervento: fattori ambientali come la famiglia e il contesto sociale in cui si cresce, fattori biologici, come l'ereditarietà o l'età dei propri genitori, così come fattori traumatici, sia psicologici sia fisici. La letteratura scientifica offre molte interpretazioni a queste cause, arrivando sempre più vicino a formulare ipotesi convincenti, come cure più efficaci e meno invasive. Credo che sia evidente come negli ultimi vent'anni si stiano facendo passi importanti. Il malato non viene più isolato dalla propria comunità con la reclusione in manicomio, luoghi abietti e perfettamente inutili per un percorso di cura. La farmacologia non si pone più l'obiettivo di stordire il sofferente, inibendo qualsiasi suo impulso vitale, ma di offrire rimedi personalizzati e poco invasivi. Mi riempie di fiducia il futuro: in cuor mio credo che nei prossimi anni si avranno miglioramenti ulteriori nella diagnosi così come nella cura.
Della causa di una malattia non mi soffermo molto di più. Ora volgo lo sguardo verso il fine. È una questione personale, dove tutte le opinioni sono valide. Chi legge nella propria vita di malato un preciso ordine di cose, chi crede che la malattia, soprattutto mentale, sia anche una opportunità per conoscere se stessi, chi prega Dio, chi chiama in soccorso la Scienza. O chi non si interroga sul perché di tutto questo, se vi sia un senso celato nella propria storia di malato, ma è molto più occupato a guarire. Tante visioni differenti, tante forme diverse di approccio verso la propria sofferenza: ognuna valida per ciascuna persona.
Sono ateo e nel corso della mia vita ho formulato una visione della realtà senza Dio. Per quanto sia sicuro delle mie posizioni, ricordo a me stesso che si deve essere sempre provvisti del ragionevole dubbio: le mie idee non sono assolute, a guisa di tavole della Legge vergini da qualsiasi obiezione. E così anche le posizioni degli altri non assumono in me valori differenti: semplici opinioni, nulla più, aleatorie e piene di contraddizione come tutte.
luporosso
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luporosso
Ultima attività il 23/09/17 alle 13:49
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Buonasera AlessandroSEAM.
Il Tuo ultimo intervento mi ha riportato indietro negli anni, a lunghe discussioni che facevo con un mio fratello, nelle sere estive, dopo cena, quando ci incontravamo. Le sue tesi erano analoghe,se non uguali, alle Tue. Ricordo che rimanevamo alzati (o meglio seduti) al buio sotto il cielo stellato, a commentare l'uno gli argomenti dell'altro. Per amore di discussione,cercavamo sempre il taglio del discorso che lasciasse spazio alla prosecuzione del tema: anche se questo voleva dire,da parte di entrambi, quantomeno l'accettazione (per puro amor di discussione,ripeto) della tesi dell'altro, per vedere reciprocamente dove si poteva giungere.
Talvolta arrivavamo alle tre della notte, a parlare. Ma regolarmente ci accorgevamo che il percorso intellettuale che cercavamo di portare avanti - con reciproca buona volontà - ad un certo punto si divaricava, e prendeva due strade diverse, ovviamente divergenti. Era una cosa che ci lasciava non del tutto soddisfatti, anche se aveva il merito - almeno - di farci capire che era ora di andare a letto.
Da allora sono passati più di 35 anni, nel corso dei quali la mia ricerca(a tentoni, con lunghe soste e con qualche accelerazione) è continuata,anche se quei bellissimi incontri con mio fratello si sono diradati. Ho invece - progressivamente - elaborato la convinzione che quello che ci era mancato (almeno a me) era un aspetto concreto, esperienziale,dal quale trarre punti di riferimento almeno in parte oggettivi, cui appigliarsi, con cui tentare di fare leva per richiamare l'attenzione e l'interesse della mia controparte.
Oggi,che gli anni si sono accumulati, mi sembra di essermi imbattuto in qualcosa di quegli spunti esperienziali che allora mi mancavano, e mi sento spinto a metterli a disposizione : soprattutto di chi è giunto a conclu sioni diverse dalle mie. Non per convincerlo che ho ragione (questo non è importante e non mi gratifica in nessun modo) ma per vedere se riesco ad interessarlo,almeno un poco. Quel tanto che lo induca a riaprire discorsi che,magari,considera del tutto consolidati.
Luporosso
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AlessandroSEAM
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AlessandroSEAM
Ultima attività il 03/04/22 alle 21:13
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Mi fa molto piacere che la mia risposta ti abbia ricordato momenti preziosi vissuti con tuo fratello. Come hai scritto nel primo paragrafo, il piacere del discutere sta nel lasciare spazio di replica all'altro, in modo da poter vedere prospettive nuove dello stesso quesito. Proprio per il desiderio di farti parlare vorrei rivolgerti due domande: sei affetto da qualche malattia? E se si, qual è l'interpretazione che hai dato alla sua nascita e alla sua decorrenza? In altre parole: cosa ha rappresentato per te la tua malattia?
Spero che non siano interrogativi troppo invadenti. Sono semplicemente curioso di conoscere la tua storia, per il piacere di confrontarmi con qualcuno che ha saputo indurre ad espormi. Grazie!
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